Ragusano DOP

Andrea Fiorentini
24 Marzo 2012
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Latte: vaccino Pasta: filata Stagionatura: 3-6 mesi   Carta d’identità Storicamente denominato caciocavallo ragusano è uno dei formaggi più antichi dell’isola e si pensa che il nome derivi dall’asciugatura a cavalcioni (“a cavaddu’) di un’asse e dal nome della zona di produzione (Ragusa). Questo formaggio dal sapore amabile e peculiare è stato oggetto sin dal XIV secolo di un fiorente commercio oltre i confini del Regno di Sicilia. Già nel 1515 Carmelo Trasselli in “Ferdinando il Cattolico e Carlo V” racconta di una “esenzione dai dazi” anche per il caciocavallo ragusano e pertanto già oggetto di notevole commercio. Ancora il Trasselli in “Note sui Ragusei in Sicilia” riporta documenti del “Notaio Gaetano, F. 106” che riferisce ancora del commercio via nave del caciocavallo. Nell’opera dell’abate Paolo Balsamo risalente al 1808 veniva sottolineato “la bontà dei bestiami di Modica” ed i “prodotti di cacio e ricotta, superiori di cinquanta per cento ai comuni, e di venticinque per cento ai migliori di Sicilia”. Ed ancora Filippo Garofalo nel 1856 cita la fama e la squisitezza dei caci e delle ricotte del Ragusano. Il Ragusano è stato riconosciuto tipico dal D.P.R. n. 1269 del 30 ottobre 1955; con decreto 2 maggio 1995 è stato riconosciuto D.O. ed infine con Regolamento CEE n. 1263 dell’1 luglio 1996 ha beneficiato della denominazione di origine protetta (DOP). Il riconoscimento ufficiale prevede la denominazione di “Ragusano” perdendo quella storica “Caciocavallo”. Tipologia: formaggio a pasta filata. Area di produzione: l’intero territorio della provincia di Ragusa ed i comuni di Noto, Palazzolo Acreide e Rosolini in provincia di Siracusa. Linee principali tecnologia di produzione:
  • specie/razza: vacca;
  • materia prima: latte intero, crudo;
  • microflora: naturale;
  • caglio: pasta di agnello e/o capretto;
  • sistema di alim. preval.: pascoli naturali dell’altopiano ibleo, ricchi di essenze spontanee, ed anche pascoli coltivati con integrazione in stalla di foraggi e concentrati in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera.
Attrezzature storiche: tina di legno, bastone di legno “rotula”, contenitore di rame stagnato di varie dimensioni “iaruozzu”, contenitore di legno “pisaquagniu” (pesa caglio), contenitore in creta per conservare il caglio “quagnialuoru”, contenitore di legno per la formatura dei formaggi “mastredda”, piccolo tino di legno o rame stagnato per filare “staccio”, bastone di legno “manovella”, materiale in legno per dare forma al formaggio “muolitu”, tavolette di legno “cugni”, formetta di legno per la marchiatura “marchiu”. Vasche di cemento per la salamoia. Fuoco diretto legna-gas. Locali di stagionatura: vengono detti “maizzè”, locali freschi, umidi e ventilati a volte “interrati”, si riscontrano inoltre cantine e grotte naturali con pareti geologiacamente naturali dove i formaggi a coppia vengono appesi a “cavallo” di una trave di legno legati con funi di “liama” o corde di “cannu”, di “zammarra” o di cotone. Si riscontrano inoltre impalcature, scaffali ed attrezzi in legno o altro materiale vegetale per la pulizia e la manipolazione del formaggio durante la maturazione e stagionatura. Decr. MI.RI.AGR.AL.FO. 2.5.95 Riconoscimento della denominazione di origine del formaggio “Ragusano” Art. 1 – È riconosciuta la denominazione di origine “Ragusano” al formaggio prodotto nell’area geografica di cui all’art. 2 ed avente i requisiti fissati agli artt. 3 e 4. Art. 2 – La zona di provenienza del latte destinato alla trasformazione del formaggio “Ragusano” comprende l’intero territorio dei comuni di: Acate, Chiaramonte Gulfi, Comiso, Giarratana, Ispica, Modica, Monterosso Almo, Pozzallo, Ragusa, S. Croce Camerina, Scicli e Vittoria, in provincia di Ragusa e dei comuni di Noto, Palazzolo Acreide e Rosolini, in provincia di Siracusa. Art. 3 – Il formaggio “Ragusano” è prodotto esclusivamente con latte di vacca intero, crudo, proveniente da allevamenti ubicati nella zona di cui all’art. 2 ed ottenuto nel rispetto di apposite prescrizioni relative all’allevamento e al processo di ottenimento, in quanto rispondenti allo standard produttivo seguente:
  1. l’alimentazione delle bovine da cui deriva il latte deve essere costituita prevalentemente da essenze spontanee ed erbai dell’altopiano Ibleo, eventualmente affienati;
  2. il latte di una o più mungiture deve essere coagulato alla temperatura di 34°C, con oscillazione in più o in meno non superiore ai 3°C, sfruttando lo sviluppo spontaneo della microflora casearia;
  3. la coagulazione è ottenuta con l’uso di caglio in pasta di agnello o di capretto, sciolto in una soluzione acquosa di cloruro di sodio. La quantità di soluzione impiegata deve essere tale da comportare un tempo di presa e di indurimento da 60 a 80 minuti. La rottura della cagliata avviene quando i granuli, inizialmente delle dimensioni paragonabili a quelle delle lenticchie, a seguito dell’aggiunta di acqua (8 litri per ettolitro di latte) alla temperatura di 80°C, più o meno 5°C, assumono dimensioni medie di un chicco di riso. La massa caseosa, ottenuta per sedimentazione e separata dal siero, viene sottoposta a pressatura per favorirne la spugnatura. La pasta, trattata con il liquido risultante dalla lavorazione della ricotta o con acqua a temperatura di circa 80°C, coperta con un telo allo scopo di evitare bruschi abbassamenti della temperatura, viene lasciata riposare per circa 85 minuti. La fase della asciugatura va condotta lasciando la pasta su degli appositi supporti per un tempo di circa 20 ore. La pasta viene tagliata a fette e, ricoperta con acqua alla temperatura di circa 80°C, per un tempo di circa 8 minuti, viene quindi lavorata con molta cura, fino ad ottenere una forma sferica con la superficie esterna esente da smagliature e saldata ad un polo. La pasta va successivamente modellata al fine di assumere la caratteristica forma parallelepipeda a sezione quadrata. La salatura, effettuata in salamoia, viene protratta per un tempo variabile in ragione delle dimensioni delle forme e tale da non comportare un contenuto di cloruro di sodio sulla sostanza secca superiore al 6%. La stagionatura avviene in locali ventilati con temperatura ambiente di 14-16°C, legando le forme a coppia con sottili funi e ponendole a cavallo di appositi sostegni e, comunque, in modo tale da garantire una perfetta aerazione dell’intera superficie della forma. È prevista la cappatura con olio di oliva per i formaggi destinati ad una prolungata stagionatura. Il prodotto può essere affumicato solo con procedimenti naturali e tradizionali: in tal caso la denominazione di origine deve essere seguita dalla dicitura “affumicata”;
  4. forma: parallelepipeda, a sezione quadrata, con angoli smussati. È possibile riscontrare sulla superficie delle leggere insenature dovute al passaggio delle funi di sostegno utilizzate nel processo di stagionatura;
  5. dimensioni: lati delle sezione quadrata da 15 a 18 centimetri; lunghezza del parallelepipedo da 43 a 53 centimetri;
  6. dimensioni variabile da 10 kg a 16 kg in relazione alle dimensioni della forma;
  7. aspetto esterno: crosta liscia, sottile, compatta; di colore giallo dorato o paglierino tendente al marrone con il protrarsi della stagionatura per i formaggi da grattugia. Lo spessore massimo è di 4 millimetri. può essere cappata con olio di oliva;
  8. pasta: struttura compatta, con eventuali fessurazioni che si riscontrano con il protrarsi della stagionatura, talvolta unite a scarse occhiature; al taglio il colore si presenta bianco tendente al giallo paglierino, più o meno intenso.
  9. sapore, decisamente gradevole, dolce, delicato, poco piccante nei primi mesi di stagionatura nei formaggi da tavola; tendente al piccante ed al saporito, a stagionatura avanzata nei formaggi da grattugia. Il formaggio presenta un aroma gradevole, caratteristico delle particolari procedure di produzione;
  10. grasso sulla sostanza secca: non inferiore al 40% per i formaggi destinati al consumo da tavola; non inferiore al 38% per i formaggi con stagionatura ai 6 mesi;
  11. umidità massima: 40%.
Art. 4 – Il formaggio a denominazione di origine “Ragusano” deve recare apposto all’atto della sua immissione al consumo il contrassegno di cui all’all. A, che costituisce parte integrante del presente decreto, a garanzia della rispondenza alle specifiche prescrizioni normative. Art. 5 – È sostituito il D.P.R. 30.10.55 n. 1269, limitatamente alle disposizioni relative al formaggio a denominazione tipica “Ragusano”, con le previsioni di cui ai precedenti articoli.
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