Blocchi alle auto: perché complicano la vita ai consumatori

Mauro Antonelli
26 Novembre 2018
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auto_diesel_Euro_3_blocco Dallo scorso primo ottobre in molte città italiane sono state introdotte delle severe limitazioni alla circolazione delle vetture più inquinanti, tra cui le auto diesel di tipo Euro 3 o di categoria inferiore. Tra le città interessate da questi blocchi ci sono Milano, Torino, Bologna e Verona, mentre divieti più stringenti scatteranno a Roma dall’inizio del 2019. L’obiettivo è tenere ferme il maggior numero di giorni possibile le auto che inquinano di più e spingere sempre più automobilisti a muoversi con i mezzi pubblici. I problemi per i consumatori, però, non mancano. Vediamo di cosa si tratta.

Dove sono stati introdotti i blocchi

Ad oggi le limitazioni alla circolazione delle vetture più inquinanti sono state introdotte in Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto e saranno in vigore fino al 31 marzo del 2019. Queste regioni hanno aderito all’Accordo bacino padano, un programma sottoscritto nel 2017 insieme al Ministero dell’Ambiente e finalizzato a migliorare la qualità dell’aria. Il programma si applica nelle aree urbane dei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti. Le limitazioni saranno estese alla categoria Euro 4 entro il 1 ottobre 2020 e alla categoria Euro 5 entro il 1 ottobre 2025. L’accordo prevede inoltre misure per regolare l’uso degli impianti di riscaldamento a legna, limitare l’accesso alle Ztl, promuovere il car-sharing, incentivare la sostituzione delle auto vecchie con vetture meno inquinanti, ridurre le emissioni inquinanti delle attività agricole. A Milano per le auto diesel Euro 3 e per i diesel di categoria inferiore il divieto è previsto da lunedì al venerdì dalle 7.30 alle 19.30. Dal 21 gennaio 2019 entrerà inoltre in vigore l’area B: si tratta di una zona a traffico limitato e a basse emissioni estesa per circa il 72% dell’intero territorio comunale e sorvegliata attraverso 186 telecamere ai varchi d’ingresso. Nel capoluogo lombardo da ottobre 2019 anche le auto Euro 4 saranno bloccate, mentre lo stop per le Euro 5 sarà valido dal 2022. A Torino il blocco per i diesel Euro 3 e inferiori è in vigore dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 19. In Emilia Romagna il blocco è invece già stato esteso anche ai veicoli Euro 4. A Bologna e negli altri centri interessati lo stop è dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 18.30 e durante le domeniche ecologiche. Stessi giorni e stessi orari, ma solo per i diesel Euro 3 e inferiori, valgono anche per il Veneto.

Sanzioni e deroghe

Chi non rispetta questi divieti va incontro a multe salate. Il Codice della Strada prevede infatti sanzioni che vanno da un minimo di 163 euro a un massimo di 658 euro per chi circola con veicoli soggetti a limitazione del traffico senza autorizzazione. Le limitazioni non sono uguali in tutti i Comuni delle quattro regioni che hanno aderito all’Accordo. Sono diverse le città in cui sono infatti previste delle deroghe. A Verona, ad esempio, possono non rispettare il divieto le persone che hanno un Isee (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) pari o inferiore a 16.700 euro, che hanno più di 70 anni e i portatori di handicap. Inoltre, in base alle rilevazioni sui livelli di emissioni di PM10 effettuate periodicamente dall’Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale), le limitazioni alla circolazione possono essere estese per un determinato lasso di tempo anche ai veicoli diesel Euro 4.

I problemi per i consumatori

Come detto, le restrizioni possono dunque variare di regione in regione e, in alcuni casi, anche di comune in comune nella stessa provincia. Questa situazione frammentata implica non pochi problemi per i possessori di auto. In linea di massima, per sapere se la sua auto in regola il consumatore può consultare le informazioni aggiornate sul sito del proprio Comune o della propria Regione. I casi critici, però, non mancano. Come fa ad essere certo di non incappare in sanzioni un lavoratore che deve attraversare in macchina nell’arco della stessa giornata più province? Per non parlare del fatto che ci sono strade con tratti in deroga e altri, invece, in cui è in vigore il divieto. Accade, per esempio, nella provincia di Como dove la strada provinciale 41 è in deroga dal confine con il Comune di Milano fino al Comune di Inverigo. Da qui, poi, inizia il divieto fino al Comune di Erba. È chiaro che in situazioni del genere consultare Internet potrebbe non bastare e bisognerebbe chiamare gli uffici competenti del Comune, della Regione o dei vigili urbani. Difficile però sperare di avere risposte chiare e in tempi brevi. È giusto che ogni regione abbia un certo margine di manovra rispetto alla definizione di queste limitazioni, considerato che ognuna di esse ha a che fare con livelli di inquinamento diversi. Ma l’assenza di una normativa a livello nazionale, e dunque di paletti validi in tutta Italia, non potrò che creare situazioni ambigue, disagi, abusi, nonché una sistematica violazione del diritto del consumatore a essere correttamente informato su questi divieti. A ciò si aggiungono almeno altri due aspetti critici. Il primo riguarda la violazione del criterio di proporzionalità dell’azione amministrativa. Tradotto in termini più semplici, significa che seppur per livelli di emissioni di sostanze inquinanti di pochissimo superiori, ci sono automobilisti impossibilitati a circolare con il proprio mezzo per tutta la settimana lavorativa e altri che, invece, possono farlo. L’altro aspetto, ancora più grave, riguarda il fatto che questi blocchi non considerano le condizioni economiche che impediscono a tantissime famiglie e lavoratori di avere da parte i soldi necessari per sostituire la vettura che hanno con una più nuova ed ecologica. In questi anni sono stati concessi incentivi – peraltro pochi e insufficienti – solo per sostenere l’acquisto di veicoli nuovi e mai usati. Ma molti liberi professionisti – dall’idraulico all’elettricista, magari anche vicini alla pensione – non hanno né la possibilità né l’interesse a fare un investimento del genere perché non potrebbero recuperarlo negli anni in cui potranno continuare a svolgere la loro attività. Il tema, purtroppo, è complesso perché, oltre che i problemi alla salute dovuti all’inquinamento, c’è l’aspetto più ampio legato alle questioni ambientali ed energetiche. Il comparto della mobilità rappresenta infatti una delle principali cause di inquinamento e di emissione di gas nocivi causa del riscaldamento globale, i cui drammatici effetti sono sotto gli occhi di tutti. Gli interventi necessari ad affrontare questa emergenza sono impellenti ed è ormai tracciata la strada che vedrà nei prossimi anni la transizione a veicoli completamente elettrici, ibridi o alimentati da carburanti meno impattanti come il gpl e il metano. In conclusione, se il principio alla base di questi blocchi è giusto e condivisibile perché mira a diminuire le fonti di inquinamento nelle nostre città e dell’intero pianeta, a non andare bene sono i criteri utilizzati per metterlo in pratica. Rivederli è un’azione necessaria per venire incontro alle necessità quotidiane di milioni di consumatori. Autore: Rocco Bellantone
Data: 26 novembre 2018
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