Due ruote: le regole per l’abbigliamento in moto

Redazione UNC
19 Novembre 2019
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Quella del 2019 è stata un’estate da incubo per i motociclisti italiani. A dirlo sono gli ultimi numeri diffusi dall’Osservatorio Due Ruote dell’Asaps, l’Associazione amici della polizia stradale, secondo cui nei soli week end dei mesi di giugno, luglio e agosto i morti appartenenti a questa categoria di utenti della strada sono stati 185. Una vera e propria strage, con il picco massimo registratosi in Lombardia (28 vittime), seguita da Veneto ed Emilia-Romagna (19). Guida spericolata, scarso rispetto delle regole del Codice della Strada e distrazioni causate dal cellulare sono le principali cause di questa mattanza. Ma su questo tema c’è un altro aspetto da considerare, di cui però si sente parlare poco, e che riguarda il modo in cui ci si deve vestire e proteggere quando si esce in moto, sia che si tratti di mezzi di alta cilindrata che di scooter. Oltre l’utilizzo del casco ci sono infatti tutta una serie di accorgimenti di cui ogni motociclista responsabile dovrebbe tener conto: dal giubbotto ai guanti, dai pantaloni alle scarpe. È un mondo per lo più inesplorato: da una parte c’è chi lo ignora completamente; dall’altra chi si lascia sedurre dalle pubblicità o ascolta semplicemente i consigli del venditore di fiducia; in mezzo c’è solo una piccola fascia di consumatori realmente informati e consapevoli di ciò che vanno ad acquistare.

COSA DICE IL NUOVO REGOLAMENTO UE

Il Regolamento europeo 2016/425, che ha sostituto la vecchia Direttiva 89/696 e che viene applicato in Italia dal 21 aprile scorso, prevede che da questa data, tutti i capi da moto dotati di alloggiamenti per protezioni (giacche, pantaloni e tute) vengano considerati DPI, vale a dire “dispositivi di protezione individuale”, e debbano essere certificati tramite un’etichetta che attesta la loro valutazione da parte di un laboratorio autorizzato. In sostanza, grazie a questo Regolamento da ora in avanti i produttori sono obbligati a certificare i loro prodotti prima di immetterli sul mercato. In Italia le strutture abilitate alla certificazione sono due: il Ricotest situato a Pastrengo, in provincia di Verona, e il DolomitiCert di Longarone, in provincia di Belluno. Ad altri centri prova indipendenti non è invece consentito rilasciare alcun tipo di certificazione.

LE 5 CLASSI DI PROTETTIVITÀ

Il nuovo Regolamento introduce la normativa EN 17092, che definisce cinque nuovi standard di classificazione per i capi d’abbigliamento per moto basati sugli ultimi dati sull’incidentalità in Europa. Gli elementi presi in considerazione per ogni classe sono le performance del mezzo (dunque la velocità massima a cui può arrivare), i potenziali rischi a cui si andrebbe incontro in caso di incidente, l’ergonomia (vale a dire l’interazione tra la moto, chi lo guida e l’ambiente). In ordine di livello di protettività del capo, le classi di certificazione sono:  
Classe AAA indumenti professionali e tute da pista, che offrono la massima protettività. Ovviamente sono anche quelli più pesanti e, per forza di cose, anche meno confortevoli da utilizzare.
Classe AA capi da turismo, giubbotti in pelle e pantaloni con rinforzi e protezioni. La sicurezza garantita è senz’altro di buon livello.
Classe A capi destinati all’utilizzo urbano e al commuting, ossia pendolarismo. La protettività è inferiore alle classi precedenti, ma in cambio sono più leggeri e comodi da indossare nell’utilizzo quotidiano.
Classe B abbigliamento con resistenza alle abrasioni, come i jeans con rinforzi in kevlar, ma senza protezioni CE.
Classe C la protezione è limitata: non a caso questi capi vengono definiti “contenitori di protezioni”. Proteggono nell’impatto, grazie alle protezioni, ma non dall’abrasione. Insomma, vanno bene solo per le cadute da fermo!
In sintesi, più è alta la classe maggiore è la protettività ma anche, ovviamente, la scomodità, un “prezzo da pagare” necessario se si vuole viaggiare sulle due ruote evitando il più possibile rischi. UNA TUTELA IN PIÙ PER I CONSUMATORI Per i consumatori si tratta di una novità importante perché, da ora in avanti, grazie a queste classificazioni che dovranno essere ben visibili nelle etichette cucite su ogni indumento, potranno intuire facilmente qual è il prodotto che fa più al caso loro, evitando così spese inutili. A confermarlo è Ferdinando Restelli, direttore di “In Sella”, magazine specializzato che al tema ha dedicato qualche mese fa un interessante approfondimento. “Questa normativa – spiega – consente ai consumatori di avere un quadro il più chiaro possibile sulle varie tipologie di questi indumenti al momento dell’acquisto. Prima, mediamente il cliente si fidava del brand e del marchio che il negoziante gli proponeva, oppure si lasciava convincere dalla pubblicità. E nessun negoziante, salvo quelli che vendevano merce di quei pochi produttori che certificavano i loro prodotti attenendosi alla vecchia direttiva, poteva dare in cambio come garanzia niente di più che la propria parola. Adesso, invece, con le etichette c’è qualcosa di scritto su cui ognuno potrà fare affidamento”.

OCCHIO AI MAXI SCONTI

Il Regolamento 2016/425 ha concesso ai negozianti e agli stockisti quattro anni di tempo, dunque fino al 21 aprile del 2023, per smaltire le scorte invendute. Non si tratta però di tutti i capi, ma solo di quelli che erano stati certificati secondo la precedente normativa. Sulla fine che faranno gli altri indumenti che non hanno alcuna certificazione, e che sono in netta maggioranza, non c’è nulla di certo.   “I produttori stanno recependo il Regolamento immettendo sul mercato esclusivamente prodotti collaudati e certificati – assicura Restelli – Il problema, però, è che ciò che era stato prodotto prima, in larga parte senza alcuna certificazione, è ancora in circolazione. I negozianti sono convinti che la legge permetta loro di vendere tutti i capi che hanno in magazzino fino al 2023, senza alcuna distinzione. In realtà ciò vale solo per i capi che erano stati certificati con la precedente normativa. È vero che c’è per questi soggetti il rischio di chiudere le attività. Ma è anche vero che per parecchio tempo aziende e rivenditori hanno fatto cartello su tanti prodotti a insaputa dei consumatori. Adesso non potranno più farlo”. Insomma, nonostante i consumatori non vadano incontro ad alcuni rischio dal punto di vista legale acquistando merce non certificata, nei prossimi mesi potrebbero farsi rifilare facilmente indumenti vecchi che, per legge, non dovrebbero essere più in vendita. Per evitare acquisti sbagliati il consiglio è semplice: fare attenzione a chi annuncia lo svuotamento del magazzino proponendo maxi sconti e, soprattutto, leggere l’etichetta 

I CONSIGLI DELL’ESPERTO FERDINANDO RESTELLI, DIRETTORE RESPONSABILE DEL MENSILE “IN SELLA”, PER MUOVERSI IN MOTO IN SICUREZZA.

  • Quando si viaggia in moto occorre sempre vestirsi in modo adeguato. Se in città si va in giro abitualmente in scooter, non c’è bisogno necessariamente della tuta di pelle: basta un giubbotto con delle protezioni e un paraschiena leggero. Quest’ultimo è utile per proteggere gomiti, spalle e schiena. Ci sono inoltre degli impermeabili da moto che vestono come degli indumenti normali.
  • È sempre consigliabile mettere i guanti, anche se sono leggeri: in caso di caduta le mani sono le prime parti del corpo che istintivamente si poggiano a terra.
  • Per le scarpe da moto, forse in pochi sanno che non esistono solo gli stivaloni da pista ma anche comodissime sneakers: spesso costano meno di quelle alla moda e, soprattutto, hanno delle protezioni al malleolo e ai punti del piede che vengono quasi sempre coinvolti in una caduta.
  • È fondamentale proteggere il petto: anche quando si va in scooter uno dei rischi più ricorrenti è di sbattere contro il parabrezza.
  • Rallentare sempre, anche quando si ha la precedenza: il motociclista è un utente debole della strada, e l’unica “carrozzeria” che lo protegge è l’abbigliamento che indossa.
  • In moto va usata una “guida difensiva”: gli occhi vanno tenuti fissi sempre su ciò che si ha d’avanti, solo in questo modo si possono prevenire i possibili errori di altri automobilisti o motociclisti.
  • Crescono gli utenti di veicoli sharing anche tra chi va in moto: per chi li usa il consiglio è di portarsi sempre dietro una giacca, anche sottile, e dei guanti.


Autore: Rocco Bellantone Data: 20 novembre 2019
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