E voi lo sapevate che si parla di pubblicità e product placement tra tv e social?
Pubblicità: le tipologie di inserzioni di Sanremo
Oggi parliamo di pubblicità e non potrebbe essere altrimenti dopo la settimana del Festival di Sanremo, evento che ha battuto ogni record con oltre 60 milioni di euro di raccolta pubblicitaria. A dir la verità non sono mancate le polemiche, intanto per l’affollamento (dovremmo forse dire “sovraffollamento”) pubblicitario: durante la settimana del festival abbiamo visto brandizzare praticamente tutto, non solo il palco del Teatro Ariston, ma anche un palco secondario e poi trenini, navi, balconi, ruote panoramiche. Praticamente tutto quello che era etichettabile lo è stato e forse di più…
Ma c’è di più: in molti hanno gridato alla pubblicità occulta! Per le sneakers dell’ospite internazionale. Ma anche per la divisa da gara della campionessa di pattinaggio o per il siparietto inscenato dal conduttore con gli artigiani della qualità!
E allora andiamo con ordine. Non tutti sanno che la pubblicità Sanremese (ma vale anche più in generale per eventi di questo tipo) si è materializzata con 4 diverse tipologie di inserzioni. Si parte con il billboard (il cartello iniziale con gli sponsor principali che recita più o meno così: “questo programma è presentato da…”) poi c’è il golden minute (il break d’apertura proprio durante l’anteprima, subito dopo il tg, spazio costosissimo per gli inserzionisti) e poi, durante il programma nove break interni e una tele-promozione.
Le cose si complicano per il product placement
Ma questa pubblicità è facilmente riconoscibile: le cose si complicano per il cosiddetto “product placement” che non è mancato durante le serate del Festival. Di cosa si tratta? Letteralmente il ‘posizionamento di prodotto’ è la pratica pubblicitariache porta all’inserimento di un marchio/prodotto all’interno del programma (ma potrebbe essere un’opera cinematografica, un video musicale, un videogioco), legandolo al contesto narrativo-espressivo, in modo tale che siano perfettamente riconoscibili i segni distintivi del brand.
Chiaramente, perché si possa parlare di product placement, l’inserimento del marchio deve essere funzionalmente effettuato a scopo pubblicitario. Cioè l’inserimento deve essere sovvenzionato dallo sponsor (il produttore/ distributore del prodotto o del servizio).
Nulla di particolarmente innovativo se è vero che il primo esempio di product placement viene fatto risalire al film del 1945, “Mildred Pierce”. Nel film la protagonista viene inquadrata mentre beve un bicchiere di Jack Daniel’s. Il ‘potere’ divistico era ben noto anche all’epoca, e sapientemente sfruttato. Molti celebri attori statunitensi degli anni ’30 e ’40 venivano regolarmente pagati dall’industria del tabacco per pubblicizzare marche di sigarette nei film dei quali erano protagonisti, nonché nella loro vita pubblica.
Ma è solo nel 1963 che nasce, cinematograficamente, quello che alcuni autori hanno definito il ‘testimonial-movie’ per eccellenza, James Bond, e la sua nutrita compagnia fatta di Aston Martin, Martini, Dom Perignon, etc… Una pletora di marchi che caratterizzano inscindibilmente il contesto narrativo della storia, senza poter essere separati dal personaggio del protagonista.
Il product placement oggi è ammesso
Il product placement è oggi ammesso anche in televisione come forma di pubblicità indiretta a condizione che sia chiaramente comunicato al consumatore. La legge prevede l’obbligo di informare (con una sovraimpressione) l’inserimento di prodotti a fini commerciali. Ora è chiaro che questa informazione, data all’inizio del programma e dopo le interruzioni pubblicitarie, potrebbe nel concreto non essere sufficiente ad allertare il consumatore. Su questo versante la normativa potrebbe aggiornarsi, prevedendo almeno che la sovraimpressione indichi espressamente il prodotto visualizzato e (magari) che compaia in corrispondenza con il prodotto. Lo dico perché il product placement ha sempre funzionato sulla base dell’associazione che lo spettatore è solito fare tra il protagonista (del film o dello show televisivo) e il prodotto: maggiore empatia ci sarà con il protagonista della storia -o del programma- e maggiore empatia ci sarà per il marchio, con ritorni estremamente positivi sull’investimento realizzato!
Ma proprio per questo, oggi, guardando a quello che sta accadendo sui social media (dove si tende a confondere la pubblicità con i contenuti, grazie a influencer non sempre attenti ad etichettare i post con gli hashtag della trasparenza) credo che si debbano riscrivere le regole della trasparenza. Perché la prima regola della pubblicità è che deve essere palese, mentre oggi si gioca a nasconderla ovunque!
Per conoscere gli altri consigli e sapere come far valere i tuoi diritti ascolta: Pubblicità e product placement tra tv e social
E voi lo sapevate?
Autore: Massimiliano Dona
Data: 14 febbraio 2024