La lievitazione è un processo chimico-fisico che consente ad un impasto di farina di cereali di aumentare di volume e migliorare le caratteristiche dell’alimento dopo la cottura. L’aumento del volume è dovuto alla produzione di gas liberato dagli agenti lievitanti, che viene intrappolato nell’impasto causandone il gonfiore.
Durante la cottura il calore consolida l’impasto e le bolle create dal gas rimangono. È così che il prodotto finito assume la caratteristica croccantezza (come nel caso delle pastelle dei fritti) o sofficità (come nei prodotti da forno).
Cosa fa lievitare il nostro impasto? Gli agenti lievitanti, che sono microrganismi o sostanze chimiche.
La lievitazione con microrganismi: lieviti e batteri
Si tratta di lieviti oppure batteri viventi. Tra i lieviti, il più comune è quello di birra (Saccaromyces cerevisiae), che si ottiene dalla fermentazione dei cereali utilizzati per la produzione della birra.
Il lievito madre o pasta acida, invece, è costituito da una base di farina e acqua su cui vengono coltivati microrganismi presenti nell’ambiente (batteri e lieviti). Con passaggi successivi in diversi altri impasti, si ottiene un prodotto finito ricco di microrganismi, utilizzati come lievito.
La lievitazione microbiologica si basa sull’attività dei microrganismi che per la loro riproduzione e crescita utilizzano come nutrimento l’amido delle farine, che viene trasformato prima in zuccheri e poi in alcol e anidride carbonica in forma gassosa, che provoca il rigonfiamento dell’impasto.
Per ottenere una buona lievitazione microbiologica è necessario che la temperatura ambientale sia compresa tra i 20 e i 30 °C e che si prolunghi per alcune ore.
La parziale trasformazione dell’amido comporta una maggiore digeribilità del prodotto finito. La lievitazione microbiologica è quindi più adatta per i prodotti da forno come il pane, la pizza e i dolci.
La lievitazione con agenti chimici
Il lievito chimico è costituito generalmente da una miscela di bicarbonato di sodio e di un acido (acido tartarico e acido citrico sono quelli più comunemente usati) su un supporto amidaceo come l’amido di mais.
Non appena questo lievito si aggiunge all’impasto di farina ed acqua oppure ad una pastella, avviene una reazione tra bicarbonato e l’acido con la liberazione di anidride carbonica e un rigonfiamento quasi immediato.
Con la lievitazione chimica non si hanno modifiche nel valore nutrizionale in quanto i nutrienti rimangono inalterati, a differenza di quello che succede con la lievitazione microbiologica, fatta con lieviti e batteri vivi.
Differenze tra lieviti biologici e chimici
Le principali differenze tra i due tipi di lievitazione sono:
- Il tempo: la lievitazione biologica richiede un periodo di lavorazione più lungo (a volte anche ore), poiché i lieviti devono fermentare lentamente. La lievitazione chimica, invece, è immediata e avviene subito dopo che gli ingredienti sono mescolati.
- Il sapore: la lievitazione biologica conferisce un sapore più complesso, spesso più acido (come nel caso del lievito madre), mentre la lievitazione chimica non influisce molto sul gusto.
- La struttura: la lievitazione biologica tende a creare una struttura più soffice e alveolata, mentre quella chimica può produrre una consistenza più compatta.
Possiamo quindi concludere che la lievitazione microbiologica è preferibile per impasti che devono lievitare lentamente, come il pane e la pizza. Il lievito chimico, invece, è adatto per torte e preparazioni rapide (come le pastelle per le fritture).
Il lievito madre si usa per alcuni pani tipici e anche quando si richiedono sapori più complessi.