Un tempo ai consumatori si promettevano prodotti duraturi e la longevità era una delle caratteristiche più pubblicizzate:
automobili ed
elettrodomestici, ma anche
abbigliamento e
scarpe erano giudicate dai nostri genitori in base agli anni di “servizio”.
E non solo, per far durare questi prodotti si vendevano altri prodotti: dall’
olio motore per la nostra vettura, all’anticalcare per la
lavatrice, alla candeggina delicata per preservare la
camicia dagli strappi.
Oggi il mondo va in un’altra direzione ed è diffusa la sensazione che la modernità non abbia portato un allungamento della vita dei prodotti. Al contrario, questi sembrano “programmati” per
cicli di vita più brevi. E’ il fenomeno che va sotto il nome di
obsolescenza programmata.
Di che si tratta? E’ presto detto: per usare le parole di
Serge Latouche (il filosofo francese della decrescita felice), “fin dall’inizio il prodotto viene concepito per avere una durata limitata”.
Guardate che non è una teoria complottista che vuole disegnare i produttori di beni come affaristi e speculatori. E’ storia: già nel 1924, negli Stati Uniti, i produttori di
lampadine costituirono un cartello anticoncorrenziale per limitare “convenzionalmente” la durata del prodotto a mille ore, mentre già all’epoca la vita media di una lampadina era più del doppio! Perché realizzare un simile
accordo sotto banco? Semplice: per garantire una richiesta costante di nuove lampadine e dunque
profumati introiti per i produttori.
Purtroppo il caso non è rimasto isolato: dai collant per signora alle stampanti, tanto meglio vendere prodotti destinati a rompersi pur di generare nei consumatori la necessità di acquistarne di nuovi. Sarà capitato anche a voi, portando in assistenza un elettrodomestico, di sentirvi dire che
riparare costa troppo, meglio comprarne uno nuovo.
Allora forse sta proprio ai consumatori mettere fuori mercato prodotti a rapida obsolescenza. Non è facile rinunciare a comprare il prodotto più trendy, ma in tempi di crisi non possiamo accettare queste furbizie sulla nostra pelle.
Come venirne fuori? Forse per scoraggiare l’immissione sul mercato di prodotti-spazzatura dovremmo passare al
pay per use: invece di acquistare un prodotto, il consumatore potrebbe
pagare solo per utilizzarlo. Un modo per spingere le imprese a distribuire prodotti durevoli (ed anche a preservare l’ambiente). Che ne dite?
Autore: Massimiliano Dona
Data: 10 ottobre 2018