Quali sono i tuoi diritti se acquisti contenuti o servizi digitali?

Redazione UNC
3 Febbraio 2022
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Non solo oggetti, ormai online si acquistano anche contenuti e servizi digitali: cosa succede, però, se il servizio streaming non funziona o il prodotto acquistato online risulta non aggiornato? I consumatori possono ritirare il proprio consenso al trattamento dei dati personali? Quali sono le nuove tutele per i consumatori nel commercio elettronico? Con i d.lgs. n. 170/2021 e n. 173/2021 il nostro Paese recepisce all’interno del Codice del Consumo le direttive UE n.770/2019 e n.771/2019: a partire dal 1 gennaio 2022 per tutti gli acquisti e gli abbonamenti online i consumatori avranno a disposizione migliori strumenti per difendersi dai comportamenti scorretti (o semplicemente negligenti) di venditori e piattaforme digitali. Vediamoli insieme.

Contenuti o servizi digitale, di cosa si tratta

Innanzitutto, va segnalato che i consumatori possono ora accedere alle tutele previste dal Codice anche nel caso di contratti che riguardino la fornitura di contenuti o servizi digitali. Nello specifico:  per “contenuto digitale” deve intendersi qualsiasi dato che sia prodotto e fornito in formato digitale. Per fare qualche esempio, basti pensare all’acquisto di un album musicale o un film in formato digitale o, ancora, di un software antivirus. Invece, saranno da considerare “servizi digitali” sia gli abbonamenti a piattaforme che forniscono un servizio streaming (come Dazn, Netflix o Amazon Prime video), sia qualsiasi programma o app che permetta di condividere, salvare o creare contenuti digitali (in questa seconda categoria rientrano, quindi, anche i social networks e i servizi cloud).

Pagamenti in denaro e cessione dei dati personali, quali tutele?

Del tutto innovativa è la modalità prevista per le transazioni commerciali elettroniche. Infatti, per la prima volta l’Unione europea equipara l’acquisto di beni e servizi digitali tramite la cessione dei propri dati personali al classico pagamento in denaro o attraverso una rappresentazione digitale del valore dovuto come corrispettivo (ad esempio vouchers o buoni). Per la verità, il legislatore europeo ha anche lasciato libertà agli Stati di prevedere pagamenti con cryptovalute purché riconosciuti come validi dalle leggi nazionali. Sempre più spesso, difatti, le piattaforme digitali (come Facebook, Instagram o Google) permettono l’accesso ai loro siti internet previa iscrizione, nella quale vanno indicate una serie di informazioni importanti. Il consumatore, a questo punto, è chiamato a prestare un doppio consenso: una prima adesione relativa alla stipula del contratto tramite cessione dei dati personali e un successivo assenso al trattamento che il professionista intende fare di queste informazioni. Nel caso in cui l’utente acconsenta, i dati raccolti dalla piattaforma verranno poi immagazzinati e venduti ad altre aziende interessate, che ne trarranno beneficio progettando i loro prodotti sulla base delle informazioni ricevute, in modo da poter incontrare i gusti della maggior parte dei consumatori. Tuttavia, è esplicitamente previsto che il fruitore del servizio goda della tutela prevista dalle norme del GDPR (Regolamento n. 679/2016). Così, il consumatore avrà diritto ad essere informato su quali saranno le modalità di raccolta e utilizzo dei propri dati personali e dunque a chi saranno ceduti, per quali fini e per quanto tempo. Da questo punto di vista, essendo la privacy un diritto fondamentale è previsto che le norme del GDPR, in caso di contrasto con le norme delle due direttive e dei relativi decreti di recepimento, prevalgano su queste ultime. Inoltre, le stesse direttive impongono al professionista di fornire al consumatore tutte le informazioni relative alle modalità di revoca del consenso. Infatti, qualora il consumatore aderisca al contratto tramite cessione dei propri dati personali, avrà pur sempre la possibilità di revocare liberamente il proprio consenso in ogni momento e attraverso l’invio di una richiesta di fine trattamento diretta al fornitore. Quest’ ultimo dovrà poi mettersi in moto per avvertire tutte le aziende e i partner contrattuali ai quali ha ceduto le informazioni per inibire la diffusione e l’utilizzo delle informazioni personali cedute dal consumatore. Il consumatore, inoltre, conserva il diritto a pretendere che il contenuto o servizio digitale siano conformi al contratto e ai normali usi che di quel bene si fanno. Alla luce di queste disposizioni, quindi, al professionista non solo viene imposto di consegnare un bene conforme a quanto convenuto e di mantenerlo tale per il periodo previsto (ad esempio fornendo tutti gli aggiornamenti necessari al funzionamento del servizio), ma viene anche obbligato a garantire la sua privacy e a informarlo dettagliatamente su come utilizzerà i suoi dati personali. Unica eccezione è il caso in cui i dati personali vengano raccolti dalla piattaforma o dal professionista al solo scopo di far funzionare il servizio o contenuto digitale previsto nel contratto. Per cui, se le informazioni personali cedute sono strettamente necessarie all’ erogazione del servizio (come per un’ app di tracciamento medico) e non verranno cedute a terzi, il consumatore non avrà diritto ad alcun rimedio per eventuali vizi di conformità. Quel che conta, tuttavia, è che queste nuove norme servono a ricordarci che un social network o un qualsiasi servizio digitale non sono gratuiti per il solo fatto di non aver sborsato una somma di denaro per accedervi. Il Codice del consumo, infatti, riconosce la cessione dei propri dati personali come un vero e proprio pagamento.

Gli obblighi del commerciante per i beni con elementi digitali.

Con il d.lgs. n. 170/2021 non solo il consumatore gode di maggiori tutele negli acquisti di beni mobili (indipendentemente che questi siano fatti nel negozio fisico o online), ma il venditore viene investito di maggiori obblighi dal momento che nel novero dei beni di consumo rientreranno anche i beni con elementi digitali come smartphone, smartwatch o smartTv. Per “bene con elementi digitali” va inteso qualsiasi bene mobile materiale che incorpora o è interconnesso con un contenuto digitale o un servizio digitale, in modo tale che la mancanza di detto contenuto digitale o servizio digitale impedirebbe lo svolgimento delle funzioni del bene. Le ricadute sulla tutela dei consumatori dovute a questa inclusione sono del tutto evidenti. Innanzitutto, trattandosi di prodotti con elementi digitali (che spesso necessitano di aggiornamenti e upgrade) il difetto si considererà esistente al momento della consegna del bene qualora dovesse venire ad esistenza entro un anno dall’acquisto e senza che il consumatore sia tenuto a provarlo ma di questo abbiamo già parlato nell’articolo Prodotti difettosi, le novità sulla garanzia Ma la novità più significativa riguarda l’obbligo di ripristinarne la conformità da parte del commerciante: trattandosi di beni con elementi digitali, è possibile che con il decorrere del tempo si renda necessario aggiornare il software incorporato. A tal proposito, il venditore dovrà fornire tutti gli aggiornamenti necessari per il funzionamento del bene e per il periodo eventualmente pattuito o, se non ne ha le competenze, dovrà contattare il produttore del bene affinché questo li fornisca al consumatore. L’ obbligo di erogazione degli aggiornamenti risponde poi alla necessaria pretesa del consumatore di veder tutelata la propria privacy. Infatti, un prodotto non aggiornato potrebbe esporre i suoi utilizzatori a furto di dati o, nei casi più gravi, a illegali intercettazioni ambientali (si pensi all’avvertimento diffuso da Samsung qualche anno fa, che esortò i suoi clienti a non parlare di argomenti riservati nelle vicinanze dei propri televisori intelligenti). Ancora una volta, quindi, il professionista è tenuto ad assicurare la conformità dei beni anche dal punto di vista della protezione della privacy. Autore: Andrea Lo Piccolo
Data: 3 febbraio 2022
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