Il glifosate è un potente diserbante, che viene assorbito dalle foglie e per via fitoematica raggiunge tutti i distretti della pianta, bloccandone le attività metaboliche e provocandone la morte.
Grazie alla sua efficacia ha trovato largo impiego sia nelle produzioni agricole, sia per eliminare piante ed erbe infestanti.
Il suo successo è stato facilitato dalla apparente sicurezza, perché di modesta tossicità acuta per gli animali e l’uomo ed anche di relativamente rapida degradabilità.
OMS e EFSA in disaccordo sulla sua pericolosità
Vari studi tossicologici hanno fatto emergere il sospetto di una attività cancerogena: l’IARC (Agenzia Internazionale dello studio del cancro dell’OMS) ha classificato il Glifosate come potenzialmente cancerogeno. Al contrario l’EFSA (Autorità Alimentare Europea) ha ritenuto che non sia cancerogeno.
La differente valutazione dipende probabilmente dal fatto che l’EFSA ha valutato il Glifosato come sostanza pura, mentre lo IARC ha valutato i formulati, dove sono presenti anche altre sostanze potenzialmente pericolose in grado provocare i tumori.
Nuovo studio sui ratti: si sono ammalati di tumore
Presso l’Istituto Ramazzini di Bologna è stato condotto uno studio di cancerogenesi in vivo su diversi gruppi di ratti, a cui è stato somministrato sia il glifosato in forma pura, sia le due formulazioni in commercio contenenti l’erbicida, a diversi dosaggi.
I risultati sono stati pubblicati il 10 giugno del 2025 sulla rivista scientifica Environmental Health e dimostrano che i gruppi di ratti a cui è stato somministrato il glifosate nelle varie forme, si sono ammalati di tumore, al contrario di un gruppo di controllo che non è stato esposto all’erbicida.
La pubblicazione dello studio sulla autorevole rivista scientifica garantisce la correttezza delle tecniche sperimentali utilizzate e anche la validità dei risultati ottenuti.
Per una formalizzazione della classificazione come sostanza cancerogena è comunque necessaria una valutazione dell’EFSA e della IARC.
Dove possiamo trovare il glifosate?
Il glifosate è un potentissimo erbicida, i cui principali impieghi sono:
- Nelle colture intensive di alcune piante, da cui si ricavano semi da utilizzare in alimentazione umana. In particolare nella coltivazione della soia e del frumento, i campi sono irrorati di glifosate prima della semina. In questo modo tutte le piante estranee ed infestanti sono eliminate e non interferiscono nello sviluppo delle piante che si vogliono coltivate. La mancanza di competitori consente di ottenere ottimi raccolti e anche semi privi di impurezze botaniche.
- In alcune aree geografiche si possono avere delle condizioni climatiche avverse, che non consentono la completa maturazione delle spighe, in particolare quelle del frumento, rendendo difficile il raccolto. Il problema si può risolvere irrorando le piante con glifosate, che agisce come disseccante accelerando la maturazione e consentendo i raccolti. Questa pratica è però proibita.
- Lungo le strade, le ferrovie, nei fossati, in zone incolte, si ha lo sviluppo di piante infestanti che possono creare ostacoli ed essere anche degli innesti per gli incendi. In questi casi l’impiego di glifosate è una valida ed efficace alternativa al diserbo manuale o meccanico e trova ampia applicazione.
Le conseguenze dell’uso del glifosate
L’opinione pubblica è molto preoccupata per la possibile presenza di residui di glifosate nel grano, soprattutto di importazione, con cui si fanno la pasta ed i prodotti da forno.
Il rischio però è molto modesto, se non del tutto inesistente, in quanto il trattamento del terreno prima della semina non comporta il trasferimento dell’erbicida ai chicchi di grano. Il problema potrebbe sussistere se si usasse il glifosate come disseccante, ma tale pratica, come accennato, è proibita.
Si deve anche ricordare che il grano è controllato prima di essere macinato e quello eventualmente contaminato viene scartato. I risultati disponibili dai controlli dimostrano l’assenza di residui in tutte le farine utilizzate in Italia e nei prodotti da forno consumati nel nostro Paese.
Un pericolo consistente può essere corso dagli operatori agricoli e dagli addetti al diserbo di piante infestanti. In mancanza di adeguate misure protettive queste persone possono subire una esposizione diretta al glifosate e andare incontro a seri problemi di salute.
Il problema più serio è però quello ambientale, che, purtroppo, viene spesso trascurato.
Il trattamento erbicida di fatto interrompe la catena trofica in quanto gli animali erbivori (dagli insetti ai vertebrati) e la loro sopravvivenza sono a rischio. Ovviamente anche gli animali predatori degli erbivori si trovano in grandi difficoltà. La conseguenza è che le aree trattate con erbicidi, ma anche insetticidi e altri biocidi, vedono compromesse le loro caratteristiche di biodiversità.
Si può quindi concludere che:
- I consumatori di alimenti ottenuti dalla coltivazione di piante trattate con glifosate (cereali e soia in particolare) non corrono rischi significativi
- Problemi di salute anche molto seri possono essere corsi da lavoratori direttamente esposti all’erbicida
- Effetti devastanti si possono avere sull’ambiante con una compromissione della biodiversità.
Quindi se proprio dobbiamo utilizzare il glifosate facciamolo adottando ogni precauzione possibile. Però smettiamo di parlare dell’inesistente problema dei residui nella pasta e iniziamo ad evidenziare i pericoli per i lavoratori e, soprattutto, l’ambiente.