I biofilm batterici: un serio problema per la nostra salute

Agostino Macrì
25 Giugno 2023
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I batteri presenti in natura si disperdono nell’ambiente, ma spesso si “organizzano” disponendosi in sottilissimi strati costituendo dei biofilm che ricoprono le superfici di strutture, di utensili industriali o domestici.

Si tratta di “comunità” che utilizzano come substrato materiali organici (proteine, carboidrati, grassi in ambiente umido) e su cui si sviluppano. Essi sono costituiti da circa il 15% di cellule microbiche e da circa l’85 % di substrato.

Dati recenti illustrati in un convegno da Maurizi e Ferrone (2023) dimostrano che la formazione del biofilm aiuta la comunità batterica a proteggersi dagli stress ambientali, favorisce il trattenimento dei nutrienti e crea una vera e propria comunicazione tra i batteri (Quorum sensing). Le cellule batteriche organizzate in biofilm, infatti, sono capaci di resistere maggiormente ai trattamenti termici, disinfettanti, alti tassi salini, antibiotici. La resistenza dei microrganismi in un biofilm è da 100 a 1000 volte superiore rispetto alle stesse cellule disperse nell’all’ambiente.

La formazione del biofilm avviene attraverso tre fasi fondamentali: fase iniziale di adesione rapida dei microrganismi, fase di adsorbimento irreversibile e crescita, fase di maturità e propagazione nell’ambiente circostante.

Il problema è particolarmente grave nelle strutture utilizzate per la produzione degli alimenti dove nei biofilm possono inserirsi microrganismi particolarmente insidiosi, come la Listeria monocytogenes, che in determinate condizioni ambientali, riesce a persistere anche per anni.

I batteri che più comunemente possono formare biofilm sono: Salmonella spp., Klebsiella spp., Pseudomonas spp., Campylobacter spp., Escherichia coli, E.coli STEC, Listeria spp., S.aureus.

In generale i batteri Gram negativi formano biofilm più spesso rispetto ai Gram positivi. La formazione più elevata di biofilm è stata osservata per Acinetobacter, Citrobacter e Pseudomonas spp. Le Pseudomonadaceae, infatti, sono le principali alteranti delle carni. Questi microrganismi possono provenire dall’acqua, dalle mani degli operatori ed essere trasportati per via aerea da aerosol prodotti durante la pulizia.

Gli impianti produttivi che lavorano la carne e il latte sono quelli maggiormente esposti. E’ infatti relativamente facile che nelle strutture che costituiscono gli impianti, rimangano residui anche in piccole quantità dei materiali lavorati sfuggiti ai normali processi di pulizia. In tutti gli impianti possono esserci infatti delle zone “morte” anche minuscole in cui con il tempo si possono accumulare “detriti” apparentemente innocui. Tali zone possono essere “colonizzate” da biofilm e, come accennato in precedenza, i batteri presenti resistono con maggiore facilità alle azioni di pulizia e sterilizzazione degli impianti. Le conseguenze possono essere molto serie perché nelle successive lavorazioni i batteri possono “migrare” dai biofilm negli alimenti in lavorazione e contaminarli. Il problema è che la contaminazione può essere anche molto modesta e non facilmente rilevabile al termine della lavorazione. Purtroppo però i microrganismi possono svilupparsi nella fase della conservazione e del trasporto rendendo gli alimenti potenzialmente pericolosi.

Particolare attenzione deve essere posta agli impianti idrici annessi all’industria alimentare e anche quelli che trasportano l’acqua destinata al consumo umano diretto in cui è possibile la formazione di biofilm di Pseudomonas aureginosa.

Biofilm” nella ristorazione collettiva e nelle abitazioni

Gli utensili utilizzati in cucina, le stoviglie con cui consumiamo i cibi, gli arredi, le strutture, i servizi igienici, gli elettrodomestici possono divenire sedi per la formazione di biofilm batterici di cui non sempre ce ne rendiamo conto. Uno piano di lavoro utilizzato senza lavarlo per tagliare diversi alimenti e su cui si è formato un biofilm, può divenire un pericoloso serbatoio di batteri. Sulle pareti dei frigoriferi si possono formare biofilm di germi psicrofil; i filtri degli impianti di depurazione domestica dell’acqua possono albergare ogni sorta di microrganismo. Un pericolo potenziale è infine rappresentato dai servizi igienici dove il rischio di contaminare con la microflora fecale rubinetti, pareti, maniglie di porte è consistente. 

 

Allora cosa fare?

La prevenzione è sicuramente la misura più efficace sia negli impianti industriali sia a livello domestico. Si tratta quindi evitare la formazione di depositi organici nelle strutture con lavaggi continui ed accurati utilizzando anche i detergenti e il calore. Negli impianti industriali è necessario sottoporre gli impianti a periodici monitoraggi per la ricerca di eventuali microrganismi che consentono di intervenire in caso di sospetto.

Gli interventi da effettuare negli impianti industriali consistono nella rimozione fisica di croste, patine, ecc. visibili e poi drastici trattamenti con detergenti, disinfettanti, seguiti da abbondanti risciacqui che consentono di allontanare sia i “biofilm” sia i materiali usati per la bonifica.

Nelle strutture della ristorazione collettiva e a livello domestico bisogna provvedere a mantenere pulite le superfici, gli accessori, i frigoriferi anche mediante periodiche disinfezioni.

 

I biofilm batterici sono un pericolo reale, ma spesso sottovalutato che possono creare sia seri danni alla salute sottoforma di tossinfezioni alimentari, sia conseguenze economiche per le aziende per la possibile necessità di distruggere delle derrate alimentari.

Il tutto può essere evitato con un’attenta opera di prevenzione.

Daniela Maurizi, Martina Ferrone

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