I sottoprodotti della carne e del pesce

Agostino Macrì
26 Marzo 2013
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Dalla lavorazione della carne e del pesce si ottengono delle parti meno gradite per il consumo diretto sia da un punto di vista organolettico sia perché di difficile cottura. Si tratta comunque di alimenti di buon valore nutrizionale per cui si è sempre cercato di recuperarli e le varie popolazioni hanno messo a punto delle tecniche di conservazione che ne consentono l’uso alimentare sotto forme anche molto appetibili. La mortadella è un prodotto sviluppato nel nostro Paese e si ottiene utilizzando carni di origine suina ma anche bovina ed equina. La tecnica consiste nel triturare finemente la carne e di preparare il grasso suino in cubetti. Si forma un impasto cui sono aggiunti sale, pepe, aromi, naturali, spezie, dei conservanti, del glutammato di sodio che conferisce sapidità al prodotto ed anche dei polifosfati che consentono di dare maggiore compattezza al prodotto. La miscela così ottenuta viene insaccata nelle forme che tutti conosciamo e fatta cuocere. A Bologna esiste la tradizione della produzione di mortadella di puro suino ed esiste un disciplinare cui debbono attenersi le aziende che vogliono conferire al loro prodotto il marchio di IGP  (Indicazione Geografica Protetta). Da segnalare che nella mortadella di Bologna IGP può esserci soltanto carne di suino e non è consentito l’uso di carni asportate meccanicamente. La mortadella IGP di Bologna è caratterizzata da un contenuto proteico di circa il 14 %, da un contenuto in grasso di circa il 28 %. Per altre mortadelle questi valori possono essere però soggetti a variazioni: proprio per questo motivo le Kcalorie oscillano da circa 300 a 400 per ogni cento grammi soprattutto in funzione del grasso contenuto. La mortadella, essendo cotta, si conserva facilmente se mantenuta integra. Quando viene affettata è bene consumarla subito, sia perché mantiene inalterato il sapore sia (e soprattutto) perché l’esposizione all’aria potrebbe facilitare lo sviluppo di batteri potenzialmente patogeni. Ovviamente le fette di mortadella in confezioni sotto vuoto si conservano più a lungo e nelle etichette è riportata la data di scadenza. L’avvertenza è quindi quella di consumarla “fresca” sia come tale sia come ingrediente di altri piatti. La raccomandazione è di non eccedere nei consumi a causa del contenuto in grassi animali e quindi di colesterolo. Il wurstel è una salsiccia tradizionale tedesca e viene definito come “insaccato a grana fine, cotto e con alto contenuto di acqua”. Si ottiene triturando finemente i tagli meno pregiati delle carni commestibili di varie specie animali, inclusi i volatili. All’impasto vengono aggiunti vari additivi alimentari (sale da cucina, spezie, antiossidanti, aromatizzanti, conservanti, polifosfati, glutammato monosodico) che conferiscono al wurstel una buona compattezza. Le caratteristiche organolettiche del prodotto sono legate alle ricette con cui vengono preparati gli impasti ed in particolare alle varie sostanze aggiunte alla carne che sono in grado anche di annullare sapori poco graditi. Con l’impasto si preparano i wurstel che vengono “insaccati” e cotti. L’involucro può essere naturale (un tratto di intestino di bovino o suino) oppure artificiale: nel primo caso può essere mangiato e nel secondo deve essere eliminato. Rispetto alla mortadella, per i wurstel c’è un maggiore rischio di contaminazione batterica per cui è preferibile consumarli subito dopo la loro apertura e possibilmente cuocerli. La composizione dei wurstel è molto variabile e dipende dalle materie prime che vengono impiegate: si può passare dal 20 al 40% di proteine e dal 40 al 60% di grasso. Ovviamente anche il contenuto calorico è variabile secondo il prodotto e si passa dalle 200 alle 300 kcalorie per 100 grammi. E’ bene consumarli in misura moderata per il contenuto in grassi e colesterolo. Il surimi fa parte della tradizione alimentare giapponese e, nella sua formula iniziale, si produce utilizzando come base un “tritato” di merluzzo cui vengono aggiunti carboidrati. La sua industrializzazione ha portato alla utilizzazione dei sottoprodotti della lavorazione di vari tipi di pesci che vengono finemente triturati; alla “pasta” che si ottiene si aggiungono amido di frumento e/o fecola di patate, addensanti, polifosfati, stabilizzanti, albume di uovo, zuccheri, sale, oli vegetali, aromatizzanti, in quantità variabili in funzione delle ricette che le varie aziende produttrici utilizzano. Questa “miscela” è trasformata in bastoncini o a forma di chele di granchio colorati in superficie e bianchi nell’interno e poi congelata. Prima di essere avviato alla commercializzazione il prodotto finito viene trattato a circa 80°C per essere pastorizzato. Il surimi, sotto forma di bastoncino o di chela, è un prodotto che ha circa il 15% di calorie, il 7% di carboidrati e lo 0,9% di grassi. Ha quindi un potere calorico pari a circa 100 kcalorie per 100 grammi. Non si conosce con quale pesce sia fatto generalmente il surimi; è comunque di buona qualità organolettica e può essere mangiato sia crudo che cucinato. Eventuali pericoli per i consumatori possono essere di carattere nutrizionale per la presenza di sale in eccesso e dei vari additivi alimentari che vengono aggiunti. La raccomandazione, soprattutto per chi soffre di ipertensione o altre malattie metaboliche, è quindi di farne un uso moderato. Il surimi, sotto forma di chele di granchio, viene spesso proposto nei ristoranti e nelle pizzerie: si tratta di prodotti surgelati che vengono fritti all’istante ed hanno poco a vedere con i crostacei. Oltre al prezzo decisamente sproporzionato al reale valore del prodotto, si consiglia la massima attenzione alle persone celiache che magari sono convinte di mangiare pesce, mentre invece mangiano un prodotto contenente amido. Nell’uso domestico si deve infine ricordare che si tratta di un prodotto deperibile per cui è consigliabile evitare di conservarlo a lungo dopo l’apertura della confezione.
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