Sudore che “puzza di pesce”: perché

Agostino Macrì
2 Ottobre 2023
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Diciamo subito che la responsabilità è della Trimetilammina ( TMA); si tratta di una sostanza naturale presente in alcuni alimenti come quelli ittici, ma la quantità maggiore deriva dai processi digestivi nel nostro intestino.

Ciò avviene grazie all’azione di alcuni batteri che fanno parte del “biota” intestinale e sono in grado di “metabolizzare” i nutrienti carnitina, colina e lecitina dando origine alla TMA.

La TMA ha l’odore tipico del pesce avariato; una volta assorbita attraverso la parete intestinale  entra nel circolo sanguigno e va nei diversi organi e tessuti dove viene “attaccata” dall’enzima flavina ossigenasi che la trasforma in ossido di trimetilammina (TMA-O) che è priva dell’odore molesto.

Alcune persone a causa di difetti genetici, non possiedono la flavina ossigenasi e quindi la TMA rimane inalterata; la sua escrezione avviene per via urinaria, respiratoria e anche attraverso il sudore. Di conseguenza queste persone emanano un cattivo odore che può essere scambiato per cattiva igiene, mentre si tratta soltanto di un difetto congenito.

Come accennato le cause principali di questa fastidiosa patologia sono il tipo di alimentazione e l’efficienza della flora batterica intestinale.

Altri effetti della TMA.

Sono state condotte diverse indagini per studiare i possibili effetti nocivi della TMA e alcuni l’hanno associata ad effetti negativi sul sistema cardiovascolare. Le indagini hanno preso in particolare considerazione la carnitina (presente prevalentemente nella carne rossa) come “produttore” di TMA, ma non risulta che sia stata posta uguale attenzione alla TMA derivante dalla colina e le lecitine. La conclusione, forse un po’ frettolosa, è che è bene ridurre il consumo di questo tipo di carne a beneficio di alimenti di origine vegetale senza avere approfondito il ruolo che questi ultimi possono avere nella produzione della TMA.

Cosa fare

Al momento attuale il problema sembra riguardare le persone “intolleranti” alla TMA a causa della carenza congenita dell’enzima in grado di trasformarlo. Si tratta di un fastidio che però non sembra compromettere lo stato di salute. Per limitare i danni bisognerebbe limitare il consumo di alimenti contenenti carnitina, colina e lecitina e quindi, oltre alla carne, anche latte, uova e soia. E’ però molto importante garantire la funzionalità del biota intestinale facendo ricorso a probiotici in grado di limitare la popolazione batterica produttrice di TMA

(In collaborazione con Alfonso Piscopo)

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