La direttiva antiriciclaggio spiegata dall’esperto

Redazione UNC
28 Febbraio 2018
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Qualcuno ha comprato un’auto, altri hanno pagato l’avvocato o il commercialista, qualcun altro ha saldato un intervento chirurgico: ad accomunarli il metodo di pagamento, un assegno di un vecchio libretto che magari avevano a casa, che però non riportava la scritta “non trasferibile”. Per tutti questi ignari consumatori il rischio è una multa salatissima a causa della Direttiva Antiriciclaggio entrata in vigore lo scorso maggio. Cerchiamo di capire di cosa si tratta con Stefano Cherti, Professore di diritti dei consumatori all’Università di Cassino. Professore, assegni trasferibili e non trasferibili che causano grosse multe ai piccoli risparmiatori: come si è arrivati a questo punto? La risposta è facile: i fatti di cronaca di piccoli correntisti che si sono visti notificare ingenti sanzioni per aver emesso assegni di importo superiore ai mille euro senza la clausola di non trasferibilità, è dovuto al cambiamento di normativa che è intervenuto negli ultimi 10 anni. Un primo grande cambiamento si è avuto nel 2007 (v. art. 49 D. Lgs. 21 novembre 2007, n. 231) quando il legislatore, per contrastare fenomeni di riciclaggio dei proventi derivanti da attività criminose e di finanziamento del terrorismo ha previsto che i libretti di assegni bancari e postali debbano essere rilasciati dalle banche muniti della clausola di non trasferibilità (già nel 2007 era stata fatta salva la possibilità per il cliente di richiedere per iscritto il rilascio di moduli di assegni bancari e postali in forma libera, quindi senza la clausola di trasferibilità). Dal 2007 ad oggi cosa è cambiato? Nel maggio dello scorso anno per dare attuazione alla c.d. “IV Direttiva Antiriciclaggio” è stato introdotto il D. Lgs. 25 maggio 2017 n. 90 che ha modificato il precedente decreto del 2007 inasprendo pesantemente le sanzioni per chi si è trovato ad utilizzare assegni sprovvisti della clausola di non trasferibilità. Di qui i casi di cronaca di questi ultimi giorni di pensionati e piccoli correntisti che per far fronte a esigenze della vita quotidiana, e aver pagato con assegni anche somme modeste, (2mila, 3mila euro) si sono visti notificare sanzioni di oltre il doppio della somma corrisposta. Sempre gli stessi insomma a pagare! La colpa sembra essere sempre dei piccoli correntisti che non si sono informati, ma le banche che ruolo hanno? Troppo facile dare la colpa al consumatore. La questione ricorda molto quella del fallimento delle 4 banche di due anni orsono che ha messo sul lastrico migliaia di piccoli risparmiatori incolpevoli: si cambia la normativa intervenendo su fatti orami compiuti, su obbligazioni e azioni ormai acquistate, a tutto svantaggio per i piccoli correntisti. Eppure questa vicenda si “trascina” da oltre un decennio, è paradossale che si sia arrivati ad oggi, dove tutti cercano di correre ai ripari, senza dare risposte soddisfacenti ai consumatori. Intanto bisogna ricordare che tra banche e clienti c’è un obbligo di cooperazione (soprattutto della banca che è la “parte forte” del rapporto). Tecnicamente si può richiamare l’art. 1375 del codice civile che prescrive un dovere per le parti di un contratto (come quello di conto corrente che lega banca e cliente) di comportarsi secondo buona fede e correttezza nel corso del rapporto. Non basta (come dimostra la vicenda degli assegni) informare “asetticamente” la clientela del cambiamento di normativa, ma bisogna adoperarsi affinché la clientela stessa sia messa in condizione di capire cosa concretamente questo cambiamento comporta. Quindi le banche non possono limitarsi a dire “ma noi l’avevamo detto”? Decisamente no. Il rapporto di conto corrente non è qualcosa che si esaurisce in un singolo atto, prosegue nel tempo. Se cambiano le norme non solo la banca deve comunicare i cambiamenti, ma si deve attivare affinché le modifiche di cui si dà atto siano comprese dalla clientela. Questo vale per la questione degli assegni come (specialmente guardando al futuro) a tutte le modifiche (e sono tante) che stanno investendo la clientela bancaria in questo momento. In questi giorni sono entrate in vigore importanti normative in gergo “PSD2” (che impatta profondamente sui servizi di pagamento, bancomat, carte di credito), MIFID2 (con oggetto i servizi di investimento, casi “Parmalat” e “Cirio” docet) che hanno, e avranno, un fortissimo impatto sulla clientela. Ma se n’è parlato pochissimo!! E questo è un male… Tornando agli assegni cosa debbono fare i clienti? Se si hanno in casa libretti degli assegni vecchi di qualche anno (a questo punto vale la pena controllare tutti) è opportuno andare presso la propria filiale e chiedere. Gli operatori sanno bene cosa fare. Nel caso manchi la clausola di “non trasferibilità” i clienti stessi possono aggiungerla a mano libera sugli assegni, ovvero fare opporre in banca il timbro senza problemi. Se, purtroppo, ci si accorge, di aver già emesso un assegno sprovvisto di clausola sarebbe opportuno contattare la persona a cui è stato fatto il pagamento e sostituire il “vecchio titolo” con uno nuovo munito della clausola. E per quei soggetti che devono pagare le multe che hanno dato il via ai casi di questi giorni? Quelle sanzioni sono assolutamente sproporzionate se applicate a persone inconsapevoli, che hanno agito in buona fede e che non conoscevano la prescrizione, pur giustificata. Queste persone, che non sono dei criminali dediti al riciclaggio, se avessero avuto a disposizione un assegno con la scritta “non trasferibile” lo avrebbero usato e non sarebbero incorse in nessuna sanzione. Sono persone poco informate. C’è un Governo (che è legittimamente in carica), è necessario intervenire a livello ministeriale per far sì che questi soggetti possano rimediare pagando una sanzione equa e commisurata alla natura del pagamento effettuato. Ma bisogna intervenire presto per non creare altro caos e allarmismi ingiustificati. Autore: Simona Volpe
Data:  28 febbraio 2018
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