Addio allo Spid? Il rischio è quello di spiazzare i cittadini

Massimiliano Dona
9 Marzo 2023
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E’ una notizia recente su cui ancora si discute, ma potremmo dire addio allo Spid con il rischio che molti cittadini restino spiazzati dopo aver fatto tanta fatica per attivare l’identità digitale. Cerchiamo di capire meglio la situazione.

Dobbiamo ricominciare tutto da capo?

Oggi parliamo dello Spid, ma anche della Carta di identità digitale, perché abbiamo fatto così tanta fatica per prendere confidenza con questi sistemi che alla sola idea di dover ricominciare tutto da capo, ci vengono i brividi! Eh già, i consumatori sembrano davvero preoccupati dalle notizie circolate in questi giorni sulla possibilità di cancellare lo Spid, o meglio di unificare Cie (cioè la carta di identità digitale) e lo Spid (sistema pubblico di identità digitale), progetto al quale starebbe lavorando il dipartimento dell’Innovazione del Governo. Tanto più se, nella prospettiva di una futura identità comune europea, sullo sfondo già si materializza il rischio che sia tutto inutile, visto che l’Italia andrebbe a sviluppare un duplicato dell’App europea.

Ma andiamo con ordine: gli italiani si sono avvicinati non senza fatica a queste piattaforme di identità digitale. Senza dimenticare il ruolo di “acceleratore” svolto dalla pandemia che ha (forzatamente) avvicinato anche le fasce della popolazione meno “digitalizzate”. I risultati non sono da poco: secondo i dati 2022 (Agid), Spid e Cie contano un numero di iscritti pressoché identico (33,5 milioni il primo contro i 32,7 della seconda), ma Spid è di gran lunga il più utilizzato: 1 miliardo di accessi ai servizi pubblici, contro i 21 mln della carta d’identità elettronica.

Il punto è proprio questo: in Italia abbiamo questo strano duopolio: da un lato c’è la Carta di identità elettronica (Cie), emessa dal Ministero dell’Interno e prodotta dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, dall’altro lato c’è Spid, la cui gestione è affidata in convenzione a diverse aziende private. Ma le convenzioni sono in scadenza, anzi già scadute a fine 2022, sono state prorogate d’ufficio fino ad aprile per non interrompere il servizio.

Cosa propone il Governo e perché dire addio allo Spid

Nel frattempo, il Governo ha elaborato una proposta per superare l’attuale situazione, lanciando una gara per unire Spid e Cie in un’applicazione in cui far confluire entrambi i sistemi di identificazione: il progetto prende il nome di Idn (cioè Identità Digitale Nazionale) e darebbe vita a una app dove archiviare le proprie informazioni personali e condividere solo lo stretto necessario a richiesta.

C’è un grosso rischio però: ritrovarsi con un doppione della futura app europea, dato che Bruxelles ha già assegnato a fine 2022 un appalto per realizzare un wallet che ogni Paese potrà adattare, come per le app del green pass. In questo modo, se l’Italia andasse avanti con l’Idn, si ritroverebbe con una applicazione clone di quella che già Bruxelles sta progettando per tutti. Con grande spreco di soldi pubblici!

Senza dimenticare che saremmo punto e a capo con il lavoro fatto fin qui per avvicinare i consumatori a queste applicazioni. Ripartire da zero, con il rischio di dover poi cambiare ancora per uniformarsi al resto dell’Europa, sarebbe paradossale. In questo settore, infatti, c’è un punto certo: i cittadini hanno bisogno di certezze per partecipare consapevolmente alla transizione digitale.

Puoi anche ascoltare questo testo qui: Addio allo Spid? Il rischio è quello di spiazzare i cittadini

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