Afta epizootica, ci sono focolai della malattia in Europa 

Agostino Macrì
28 Aprile 2025
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L’afta epizootica è una malattia infettiva che colpisce alcuni animali, ruminanti e suini, ma non è pericolosa per l’uomo. 

Il Regno Unito ha vietato temporaneamente l’importazione di alimenti e animali dall’Unione Europea, a causa di focolai di Afta Epizootica (AE) in Slovacchia, Ungheria e Germania. 

Che cos’è l’afta epizootica 

L’AE è una malattia infettiva provocata da un virus che colpisce i ruminanti (bovini, ovini, caprini, cammelli) ed i suini (maiali e cinghiali). In altre specie animali non rappresenta un rischio significativo e l’uomo è immune dalla malattia. 

Negli animali infetti si manifesta con febbre e spossatezza ed è caratterizzata dalla produzione di vescicole di liquido sieroso ricco di virus, presenti soprattutto nella zona della bocca e dei piedi. 

Le afte sono molto dolorose e di fatto impediscono agli animali di mangiare e di muoversi.  

Si può curare l’AE? 

Non esistono farmaci per l’afta epizootica e i soggetti colpiti possono andare incontro alla morte. 

Anche gli animali che sopravvivono, però, sono un problema, perché possono divenire serbatoi della malattia e continuare ad infettare gli animali sani.  

Il virus dell’AE si libera dalle afte e si disperde nell’ambiente con facilità, inquinando superfici, foraggi e mangimi e, soprattutto disperdendosi sotto forma di aerosol nell’aria. 

L’ampia possibilità di diffusione può contagiare rapidamente gli animali che si trovano anche ad una certa distanza da quelli ammalati. 

Le conseguenze economiche dell’afta epizootica 

La malattia è stata sempre molto temuta non soltanto dagli allevatori, ma anche dalle autorità pubbliche. Nei secoli scorsi l’AE decimava il patrimonio bovino, ovino e suino, risorsa fondamentale per l’economia di allora, basata prevalentemente sulle attività agro-zootecniche.

La perdita degli animali provocava la mancanza della forza lavoro dei bovini nei campi e la perdita di risorse alimentari derivanti dal latte e della carne.  

A cavallo tra il ‘600 e il ‘700, il medico romano Lancisi propose il metodo, attualmente chiamato stamping out, che prevede di uccidere e distruggere le carcasse di tutti gli animali presenti nei focolai della malattia, impedendone la propagazione. 

Considerando la rapidità della diffusione dell’AE, l’applicazione dello stamping out comporta la necessità di eliminare tutti gli animali da aree molto vaste, con danni economici ingentissimi.

Nel 2000 l’afta epizootica colpì nel Regno Unito 2000 bovini, ma per evitare la diffusione furono uccisi 6 milioni di animali. Deriva da questo episodio la decisione di bloccare le importazioni dall’Europa. 

Cosa sta facendo l’Italia? 

Il nostro Paese, come il resto del continente europeo, segue con attenzione l’evolvere del focolaio ungherese, attuando tutte le misure preventive di cui disponiamo. Ricordiamo che il nostro Servizio Sanitario dispone di medici veterinari distribuiti su tutto il territorio e la vigilanza sullo stato sanitario degli allevamenti è costante.

Nel caso dovesse essere scoperto qualche caso scatterebbero misure di prevenzione severe come lo stamping out.  

Potrebbero però esserci dei problemi se ci fosse una diffusione tra gli animali selvatici, in particolare cinghiali, che sono sensibili al virus e non sono facili da controllare. Questi animali condividono gli spazi occupati dagli allevamenti allo stato brado, diffusi in particolare nel centro sud e nelle isole. 

L’ipotesi della vaccinazione 

Esistono dei vaccini contro l’AE, ma il loro impiego non garantisce la completa eradicazione della malattia, per cui le regole sanitarie internazionali vigenti di fatto impongono il blocco commerciale di animali (e alimenti da essi prodotti) dalle zone in cui è presente la malattia. 

Il ricorso alla vaccinazione può essere deciso nei Paesi in cui l’afta epizootica è molto diffusa, poiché riduce sensibilmente il numero di animali ammalati e con il tempo è più facile eliminarli ed estinguere i focolai residui. 

Nei Paesi indenni come il nostro, una eventuale profilassi vaccinale sarebbe inutile: si correrebbe il rischio di non distinguere con facilità gli animali sani da quelli ammalati e quindi di favorire la presenza strisciante dell’AE e l’adozione di misure restrittive nelle movimentazioni.  

Afta epizootica, che rischi ci sono? 

Al momento sembra che non ci siano pericoli, anche se le nostre strutture di sanità pubblica veterinaria sorvegliano costantemente i nostri confini e, se dovesse verificarsi qualche caso, gli interventi sarebbero immediati. 

Oltre che i danni alla salute degli animali, la comparsa dell’AE, può comportare gravi danni economici dovuti alla eliminazione degli animali anche soltanto potenzialmente ammalati e, soprattutto, al blocco delle esportazioni di animali e alimenti (carne e latte) da vaste aree circostanti i focolai infettivi. 

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