L’esperienza di un orto urbano

Agostino Macrì
11 Giugno 2014
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Sarà una moda o una necessità, ma gli orti urbani si stanno diffondendo; il fenomeno non è nuovo e molti ricordano ancora il periodo della seconda guerra mondiale quando era molto difficile riuscire a reperire il cibo. Si dice che a Roma vennero utilizzate anche le aiuole di via dei Fori Imperiali, ma forse era soltanto propaganda. Adesso invece chi si appresta a coltivare un fazzoletto di terra lo fa il più delle volte per piacere personale sperando di riuscire a mangiare qualcosa di genuino frutto del proprio lavoro, lavoro che non sempre è semplice. Bisogna infatti cominciare a dissodare il terreno utilizzando vanga, zappa e un rastrello che serve a eliminare la gramigna e le altre erbe spontanee; si passa quindi a una adeguata concimazione preferibilmente con stallatico piuttosto che concimi chimici: in tal modo si garantisce una produzione “biologica”. Una volta preparato il terreno è utile visitare qualche vivaio dove si trovano semi e piantine adatte per le diverse stagioni. Gli ortolani esperti sanno che le piantagioni vanno fatte seguendo le fasi lunari. Una volta seminate o messe a dimora le piante, è indispensabile innaffiare e se il buon Giove pluvio non ci assiste bisogna provvedere con l’acqua di cui si dispone, perché se non c’è acqua è inutile avviare un orto. Insieme alle piante che intendiamo coltivare crescono anche quelle spontanee che diventano competitrici dei nostri ortaggi e quindi dobbiamo eliminarle. Sempre per difendere la “biologicità” bisogna evitare i diserbanti e utilizzare esclusivamente piccole zappe e soprattutto le mani, facendo attenzione perché quando non si è ancora molto esperti si corre il rischio di estirpare anche le piante che intendiamo coltivare. Dopo qualche mese compaiono i frutti: si tratta di un momento particolarmente emozionante per il neofita che non esita a invitare parenti e amici ad assistere all’avvenimento e il tutto viene immortalato in immagini che corrono sui social network. Si tratta però di produzioni stagionali che esplodono rigogliosamente e si esauriscono in breve tempo: cosi si ottengono quantità di pomodori, zucchine, insalata, ecc. ampiamente eccedenti i fabbisogni familiari anche se si cerca di stipare il tutto nel frigorifero (allora a gioirne sono interi condomini!). Quando sono le signore a praticare l’orticoltura ogni prodotto è bene accetto; quando invece è il marito o compagno “i musi delle signore” si allungano in quanto sono costrette a pulire, lavare, cucinare e addirittura mangiare un ortaggio che avrebbero trovato a buon prezzo in qualsiasi negozio di frutta e verdura, magari lavato e asciugato! In ogni caso un appezzamento di una ventina di metri quadri può dare anche oltre un quintale di verdura. Ma quanto costa? Considerando le piantine, i semi, il concime, gli attrezzi (il cui costo si ammortizza con il tempo) la spesa si aggira, per 20-40 metri quadrati, sotto i cento euro l’anno senza però tenere conto dell’eventuale affitto del terreno. Discorso a parte è il tempo che l’ortolano impiega e la fatica che ci mette: in realtà si tratta di un risparmio su spese che si farebbero per andare in palestra o in piscina o addirittura un guadagno in salute grazie all’esercizio fisico. Non a caso si dice infatti che “l’orto vuole l’uomo morto” (metaforicamente di fatica). La conclusione è un invito a diventare ortolani urbani: ne acquisterete in salute, serenità e magari sarete costretti a mangiare qualcosa di buono. (Agostino Macrì, Fonte “Cibo e salute” de La Stampa del 2.3.2014)
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