L’etichettatura del pesce italiano

Agostino Macrì
27 Giugno 2012
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I prodotti ittici sono alimenti di grande importanza per la nostra dieta grazie alla presenza di alcuni nutrienti (lipidi, vitamine, sali minerali) che sono scarsi in altri alimenti. Non a caso infatti la dieta mediterranea prevede un consumo frequente di pesce che in passato veniva garantito da una florida attività dei pescatori che popolavano le tante località marinare. Purtroppo però la pesca ha perso gran parte della sua importanza tanto che attualmente il nostro Paese per fare fronte alle richieste della popolazione, deve importare ben oltre il 50% del pesce che viene consumato. Si tratta di un fenomeno che sembra essere paradossale dato che l’Italia è circondata dal mare ed è ricca di acque interne in cui, oltre ai pesci che vivono allo stato “selvatico”, esiste una ampia possibilità di praticare l’ittiocoltura. Le cause di questa situazione sono molteplici e legate in gran parte a gravi errori nella politica della gestione delle risorse acquatiche. C’è stata scarsa attenzione nell’evitare fenomeni di contaminazione delle acque: negli ultimi decenni si è assistito ad una predazione indiscriminata con mezzi di pesca che hanno anche compromesso l’habitat dei nostri mari, il Mediterraneo è divenuto terreno di conquista di pescherecci asiatici dotati di mezzi elettronici in grado di catturare il pregiato tonno rosso ed infine i consumatori sono stati diseducati a consumare degli ottimi pesci che hanno come difetto principale quello di uno scarso valore economico.

Questa situazione ha di fatto messo in crisi la nostra flotta peschereccia che per poter catturare quantità sufficienti di pesce alle volte sconfina in acque territoriali di altri paesi e sono sufficientemente note le diatribe con quelli nordafricani. Inoltre parte del pescato (si stima intorno al 15%) viene ributtato in mare perché non richiesto dai consumatori.

Si ha insomma l’impressione che questo importante comparto produttivo nazionale stia andando alla deriva e siccome si tratta di un problema che interessa anche altri paesi comunitari, l’UE ha deciso di affrontarlo con un programma di intervento. Le linee di questo programma sono state tracciate, ma per il momento non si intravedono vie di uscita. Una recente iniziativa presa a livello nazionale è quella di una etichettatura volontaria del pesce “italiano”. In questo modo il consumatore avrà la possibilità di acquistare con certezza un pesce pescato in prossimità delle coste nazionali. Si tratta di una iniziativa che può dare un valido sostegno ai nostri pescatori, ma è necessario spiegare ai consumatori quali benefici ne possono ottenere. Sicuramente si tratta di un prodotto pescato di recente e quindi più fresco di quello proveniente da mari lontani e che necessariamente deve essere conservato in locali refrigerati a temperature molto basse che possono modificarne i caratteri organolettici. Tutto il pesce (sia quello “nazionale” che quello di importazione) prima di essere avviato al consumo viene controllato sia per gli aspetti sanitari che merceologici da una o più strutture pubbliche quali le Capitanerie di Porto, i Servizi veterinari delle ASL, il Ministero dell’Agricoltura. Questi controlli, effettuati in gran parte nei mercati ittici, garantiscono al consumatore un pesce di ottime qualità igienico sanitarie. Negli stessi mercati potrà essere anche certificata l’origine e quindi l’italianità o meno dei prodotti con una adeguata “etichettatura”.

La sicurezza igienico sanitaria dei pesci è di fondamentale importanza perché esistono alcuni pericoli legati a malattie dei pesci (vedi “Anisakiasi”) o ad una cattiva conservazione che possono rendere pericoloso questo prezioso alimento. Non si può neanche ignorare il pericolo del trattamento con sostanze chimiche che mantengono artificialmente le condizioni di freschezza dei pesci, ma non evitano i processi di alterazione che si verificano in condizioni di conservazione non adeguata. Il consiglio è quindi quello di acquistare con fiducia i prodotti ittici identificati come italiani, ma soltanto attraverso quei rivenditori in grado di garantire che siano stati fatti i previsti controlli sanitari e merceologici. L’acquisto diretto dal pescatore appena arriva in porto può nascondere delle frodi e si sono verificati casi di operatori che acquistano il pesce dai mercati, gli fanno “fare un giro” in alto mare e lo riportano a riva spacciandolo per fresco.

Ovviamente se si è certi dell’onestà del pescatore si può essere sicuri della freschezza, ma non si può essere sicuri dell’assenza di alcune insidie, come quelle delle larve di Anisakis che i controlli pubblici possono assicurare.

Roma, 26 giugno 2012

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