Residui di sostanze chimiche negli alimenti di origine animale

Agostino Macrì
13 Gennaio 2012
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La presenza di residui di sostanze chimiche (farmaci, ormoni, metalli pesanti, diossina, ecc.)  negli alimenti di origine animale è una delle maggiori preoccupazione dei consumatori. Si tratta di un problema ben presente alle Autorità Sanitarie comunitarie e nazionali e per tale motivo ogni anno  i singoli Stati dell’UE debbono svolgere un piano per la ricerca di residui di sostanze chimiche in tutti gli alimenti di origine animale (carne, latte, uova  e miele) su un numero di campioni che viene definito di anno in anno.

Oltre al piano che viene indicato dalla UE, vengono attuati dei piani “mirati” ed extrapiani basati su specifiche esigenze territoriali ed infine piani basati su sospetti derivanti da informazioni acquisite da controlli sul territorio. Le sostanze che vengono ricercate sono quelle il cui impiego è completamente vietato – Categoria A (come ad esempio gli ormoni), quelle che invece sono autorizzate (farmaci veterinari) ed i contaminanti ambientali (come i metalli pesanti ed pesticidi clorurati) – Categoria B.

Il Ministero della Salute ha pubblicato un rapporto sulle attività svolte in Italia nell’ambito del Piano Nazionale Residui del 2010. Per quanto riguarda il piano “generale” sono stati prelevati 33.701 campioni dei diversi alimenti su cui sono state effettuate 38.116 analisi. Sulla base delle analisi sono state accertate 38 non conformità per i residui della Categoria A e 62 non conformità per la Categoria B. Il totale delle non conformità è quindi dello 0,26 %. Esaminando nei dettagli i risultati si può rilevare che la maggioranza delle non conformità derivano da residui di contaminanti ambientali (36 %), seguiti da ormoni steroidei (31 %). Per quanto riguarda il tipo di alimenti quelli di origine bovina presentano il maggior numero di non conformità, mentre per le uova sono l’alimento che ne hanno meno. Per i piani “mirati” sono stati esaminati 272 campioni che hanno dato 1 positività per la categoria A e 2 per la categoria B. Con gli extrapiani sono state fatte 8.015 analisi che hanno dato lo 0,85 % di positività. Sono stati infine controllati 317 campioni provenienti da aziende zootecniche sospette ed in questo caso si è avuta una positività del 3,79  %.

I risultati ottenuti dalle indagini analitiche permettono di fare le seguenti osservazioni:

  1. La produzione degli alimenti di origine animale in Italia avviene nel rispetto delle norme di legge che riguardano l’impiego di sostanze chimiche per oltre il 99 % degli allevamenti.
  2. L’impiego di sostanze proibite è estremamente ridotto e riguarda poche decine di animali rispetto ai quasi 40.000 esaminati.
  3. La maggioranza delle irregolarità riguarda la presenza di residui di contaminanti ambientali. Il fenomeno è limitato a qualche decina di campioni, ma dimostra come sia possibile trasferire nei nostri alimenti sostanze chimiche pericolose eliminate come rifiuti.
  4. Anche per i campionamenti “mirati” o provenienti da aziende zootecniche sospette le percentuali di irregolarità sono piuttosto contenute e quindi i pericoli dovrebbero essere modesti.

Sulla base dei dati disponibili si deve ritenere che gli alimenti di origine animale prodotti in Italia, almeno per quanto riguarda i residui di sostanze chimiche, siano privi di rischi significativi per i consumatori. Non si può però ignorare che gran parte di quello che mangiamo è di importazione sia da paesi comunitari che extracomunitari. Ogni Paese comunitario esegue i controlli con gli stessi criteri adottati in Italia, mentre nel resto del mondo non sempre è facile capire con precisione cosa avviene.

Anche se tutti gli alimenti reperibili dai normali esercizi commerciali debbono fornire uguali requisiti di sicurezza, il suggerimento è quello di informarsi della loro origine e, se possibile, preferire quelli nazionali di cui si hanno informazioni più dettagliate.

Roma, 13 gennaio 2012

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