Obsolescenza programmata, multe per Apple e Samsung: il parere dell’esperto

Mauro Antonelli
30 Ottobre 2018
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Apple_Samsung Per Apple e Samsung è arrivata la prima condanna al mondo per obsolescenza programmata. Lo scorso 24 ottobre le due multinazionali sono state infatti multate dall’Antitrust al pagamento rispettivamente di 10 e 5 milioni di euro. Le due società, si legge in una nota dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, hanno infatti «indotto i consumatori – mediante l’insistente richiesta di effettuare il download e anche in ragione dell’asimmetria informativa esistente rispetto ai produttori – a installare aggiornamenti su dispositivi non in grado di supportarli adeguatamente, senza fornire adeguate informazioni, né alcun mezzo di ripristino delle originarie funzionalità dei prodotti». Per capire cos’è l’obsolescenza programmata, e avere un quadro completo del ciclo di “vita” delle batterie che alimentano gli smartphone e tutti gli altri apparecchi che acquistiamo, abbiamo chiesto il parere di un esperto, il direttore del Dipartimento Tecnologie Energetiche di Enea Gian Piero Celata.
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Gian Piero Celata, direttore del Dipartimento Tecnologie Energetiche di Enea.

Che cosa significa obsolescenza programmata?

Obsolescenza programmata o pianificata significa progettare e realizzare un’attrezzatura – un elettrodomestico, un computer o un cellulare – facendo in modo che non duri più di un periodo prefissato. Dunque, superato questo arco di tempo stabilito dai produttori, l’apparecchio acquistato inizia a non funzionare più, per cui siamo costretti a sostituirlo comprandone uno nuovo.

Secondo l’Antitrust qual è stato il danno provocato ai consumatori da Apple e Samsung?

Partiamo dal presupposto che gli smartphone sono dei piccoli computer. Gli sviluppatori producono periodicamente nuove versioni dei sistemi operativi di questi cellulari per migliorarne le capacità. Nel caso di Apple, l’ultimo sistema operativo che ha lanciato è stato iOS 11, tarato per i modelli più nuovi (8 e X). Il problema, per chi possiede i modelli precedenti, è che questo aggiornamento è troppo pesante. In pratica, i processori degli smartphone più vecchi, a causa dell’aggiornamento, vengono “tirati per il collo” sottoponendo le batterie a una richiesta di energia eccessiva, anche considerando lo stato di usura delle stesse dovuto ai 2-3 anni di esercizio. Ciò avrebbe potuto provocare lo spegnimento improvviso degli apparecchi. Trattandosi di un’anomalia che può danneggiare il cellulare, Apple ha deciso di modificare il sistema operativo pochi giorni dopo il suo lancio. La società ha confessato quanto accaduto e, come contropartita, ha offerto ai possessori dei modelli più obsoleti di cambiare la batteria degli iPhone al prezzo scontato di 29 euro piuttosto che di 89 euro.

Ritiene giusto, quindi, l’apertura di un procedimento da parte dell’Antitrust?

Non credo che Apple, nello specifico, abbia tutte le colpe che le vengono attribuite in Francia (dove l’8 gennaio la Procura di Parigi ha aperto un’indagine preliminare nei confronti della società per obsolescenza pianificata, ndr). Detto ciò, il fatto che si vada a indagare sul comportamento di queste società non può che far bene e contribuisce a tutelare i consumatori. Ci sono certamente dei casi più gravi, come quello dei produttori di stampanti.

Anche nel caso delle stampanti si registrano pratiche scorrette nei confronti dei consumatori?

Vi ricordate le prime stampanti a getto d’inchiostro? A un certo punto si bloccavano e mostravano la scritta “sostituire la cartuccia”. All’epoca si trattava di cartucce abbastanza costose che, addirittura, avevano un costo superiore rispetto a quello della stampante stessa. Eppure, prendendo in mano una cartuccia si sentiva che aveva un certo peso pur essendo “scarica”. Bastava aprirla, togliere e rimettere la cartuccia, l’inchiostro riprendeva regolarmente a uscire, e la cartuccia funzionava ancora per un numero di copie non lontano da quello al quale la stampa si era bloccata. In quel caso non c’era dietro una programmazione per far rompere il prodotto dopo un determinato periodo di tempo, ma veniva costretto l’utente a sostituire la cartuccia anche se in realtà c’era ancora dell’inchiostro. Quindi, truffa per l’utente e danno anche per l’ambiente.

Ci sono dei consigli che i consumatori possono seguire per “allungare” la vita degli apparecchi che acquistano? 

Non è possibile dire che un telefono è migliore rispetto a un altro. In termini di utilizzo, invece, qualche accorgimento si può avere. La cosa più importante di cui tenere conto riguarda i cicli di carica e scarica delle batterie che non possono andare oltre un certo numero. Oggi, se si usa al massimo uno smartphone – quindi mandando messaggi su WhatsApp, usando i social network, navigando su internet – arrivati alla sera il cellulare è scarico. Ciò vuol dire che si fanno almeno 365 ricariche all’anno, quindi una al giorno, se non di più. Considerato che una batteria ne sopporta in media complessivamente 1.000-1.500, dopo un certo numero di anni lo smartphone dovrà essere sostituito. Qualcosa si può fare: ad esempio, evitare che le batterie vadano sotto il 20%, non lasciarle sotto carica tutta la notte e, per non svegliarsi nel cuore della notte, attivare un dispositivo che blocca la ricarica una volta che ha raggiunto il 100%. Il modo più pratico è ricaricare il cellulare ogni volta che si può. In generale, non bisogna abusare di questi apparecchi e non ci si deve lasciare prendere dalla voglia di avere sempre e subito l’ultimo modello proposto dal mercato. 

UNC chiede che il parlamento italiano si doti di una legge contro l’obsolescenza programmata così come avvenuto in Francia. È d’accordo con questa proposta?

Che ci sia anche nel nostro Paese una legge che regoli questo tipo di situazioni è una cosa doverosa. Posso anche accettare che un apparecchio abbia una vita programmata ad esempio di tre anni, però mi deve essere comunicato nel momento in cui lo sto per comprare. È giusto dunque che si introduca una legge che tuteli in tal senso i consumatori. Non deve essere necessariamente una normativa aggressiva come quella francese, che prevede due anni di carcere e multe pari al 5% del fatturato annuo per chi commette illeciti, ma è importante che il cliente sia difeso. L’obsolescenza programmata è uno dei tre pilastri dell’economia capitalista insieme alla pubblicità e al credito al cliente. Va tutto bene purché tutto sia regolamentato e ci sia sempre la consapevolezza piena da parte di chi fa un acquisto. Autore: Rocco Bellantone
Data: 30 ottobre 2018
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