Subscription economy, abbonamento mensile quanto mi costi!

Sonia Galardo
2 Maggio 2023
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Alzi la mano chi non ha attivo almeno un abbonamento! Al giorno d’oggi, siamo sommersi dalla subscription economy, vale a dire, appunto, da una miriade di abbonamenti che a fine mese incidono pesantemente sul nostro budget, ma dei quali ci rendiamo poco conto.

Solo quando controlliamo il nostro bilancio (sempre se e quando lo facciamo) ci accorgiamo infatti che è una delle spese più insidiose. Scopriamo più da vicino di che si tratta e come possiamo difenderci.

Cos’è la Subscription economy

Con l’espressione Subscription economy (o servitization) si intende l’economia degli abbonamenti, vale a dire modello di business basato appunto sulla sottoscrizione di un abbonamento da parte del cliente/consumatore per accedere così ad una serie di servizi/prodotti.

Si tratta forse della più subdola voce di spesa tra quelle che, alla fine del mese, ci fa fissare il saldo del nostro conto corrente con aria incredula, mentre spulciamo l’estratto conto cercando di capire perché ci sono così pochi soldi.

I miniabbonamenti ci costano quasi come una bolletta di luce e gas!

Pensiamoci bene, ognuno di noi ha attivato qualcosa: dall’applicazione per la ginnastica a quella per dimagrire o per meditare, dalle piattaforme per modificare foto e video, a quelle per preparare presentazioni e grafici. Dai più tradizionali Netflix, Disney+ e Amazon Prime alle piattaforme a pagamento per ascoltare podcast o seguire corsi di varia natura! Ce ne è davvero per tutti i gusti!

Dai servizi cloud che ormai traboccano delle nostre fotografie fino a tutte quelle piattaforme che, capita l’antifona, invece di costarci una certa cifra una tantum richiedono un “minimo” abbonamento mensile. Tanto – ci rassicurano- sei libero di disdire quando vuoi! Già, il punto è ricordarsene!

Il problema è che le micro-transazioni che aggravano il nostro budget familiare sono ormai tantissime e, sommate insieme, per una famiglia media arrivano quasi a rivaleggiare le bollette per le utenze tradizionali come la luce e il gas.

I sedili riscaldati nell’auto? In abbonamento!

Naturalmente, stanno arrivando alla spicciolata anche i social: il tutto mentre Elon Musk per risanare i conti fa partire l’abbonamento a pagamento Twitter Blue e, poco per volta, sposta servizi solo nella versione per cui si devono sborsare undici euro al mese. Qualche settimana fa negli Stati Uniti anche gli abbonamenti verificati di Facebook e Instagram, attraverso il pacchetto Meta Verified, sono diventati premium, con conseguente abbonamento mensile. Tutto per la fatidica spunta blu, quella che ci dice che siamo utenti certificati, che siamo gente importante. Tanto, si tratta solo di pochi euro, no?

Quello che è certo è che la subscription economy è un modello talmente efficace per chi vende che la situazione è destinata a peggiorare. L’anno scorso BMW ha aggiornato il suo ConnectedDrive Store, il negozio ai suoi pacchetti digitali, inserendo alcuni servizi con sottoscrizione mensile, tra cui i sedili riscaldati.

E parallelamente all’economia degli abbonamenti prospera quella delle rate: è ormai da tempo che Amazon propone, per determinati acquisti che eccedono una certa soglia, la possibilità di pagarli in cinque rate a tasso zero, ed è sotto gli occhi di tutti la continua crescita della startup italiana Scalapay (già popolarissima anche in Francia e in Spagna; ultima acquisizione, l’istituto italiano di pagamento Cabal IP), la più popolare tra le soluzioni BNPL (Buy Now, Pay Later) del Sud Europa. Insomma, a piccole dosi si può tutto, sembrano pensare gli italiani.

Il rinnovo automatico e il rischio del sovraindebitamento con la subscription economy

Solo che poi la subscription economy ci sfugge di mano, se è vero, come ha scritto la Repubblica pochi giorni fa, che fra rate, abbonamenti, mutui e microprestiti gli italiani «hanno perso il controllo dei propri debiti». Secondo l’articolo, i sovra indebitati in Italia sono sempre di più, e non è facile tornare in carreggiata una volta che si sono messe in moto più situazioni di questo genere. Anche perché, va detto, c’è un meccanismo particolare subdolo che complica la vita all’utente che vorrebbe diminuire almeno un po’ i suoi abbonamenti: il rinnovo automatico, che fa sì che si scoprano spese da tagliare quando è ormai troppo tardi, perché il canone è già stato addebitato per il mese in corso.

Lo studio in USA: per 72 utenti su 100 ci sono troppi servizi in abbonamento

Secondo un recente studio effettuato negli Stati Uniti da Bango, il 72% degli utenti afferma che ci sono troppi servizi in abbonamento. In media, ogni abbonato paga cinque differenti servizi al mese, e uno su cinque (il 19%) addirittura otto o più, senza limitarsi al video streaming ma con quote mensili anche per la musica, i giochi, il fitness, i pasti (ambito popolarissimo negli USA).

Il 45% ammette che è difficile ricordarsi quando e dove ha firmato per un nuovo abbonamento, mentre il 35% addirittura non ha idea di quanto spenda in totale ogni mese; una percentuale simile, il 34%, sostiene di pagare per almeno un abbonamento che non usa mai.

E quando la situazione si complica in questo modo, c’è sempre lo spettro della pirateria: il 39% si rivolge infatti ai metodi illeciti online per procurarsi ciò di cui hanno bisogno, e non di rado non tanto perché non hanno intenzione di pagare per quel determinato servizio, ma solo per la frustrazione di non riuscire a gestirlo in maniera semplice e immediata.

Tv streaming e non solo: i mercati affollati in Italia

Anche in Italia alcuni mercati, come quello delle tv streaming (su SOStariffe.it, come sempre, si possono trovare le offerte più interessanti del momento), sono davvero affollati: chi pensava che con Netflix, Prime Video, Now TV, Disney+ e Apple TV+ il panorama fosse completo si è dovuto ricredere, grazie all’arrivo di Paramount Plus e, nei prossimi mesi, di HBO Max

Oltretutto, la controprogrammazione gioca contro l’antico adagio del “beh, faccio un abbonamento alla volta e mi guardo tutto quello che mi interessa in catalogo”, visto che i titoli “forti” spesso arrivano tutti allo stesso momento sulle diverse piattaforme (adesso ad esempio Sky parte con la quarta e ultima stagione di Succession, Apple TV+ con la terza e ultima di Ted Lasso, Disney+ risponde con The Mandalorian e così via). Non va meglio nella musica, con Spotify, Tidal, Deezer, Apple Music (ed è appena uscita Apple Music Classical), YouTube Music e così via. 

I nostri consigli per difendersi dalla subscription economy

Diciamo la verità: stare dietro ai diversi abbonamenti è davvero stressante, ci vorrebbe un servizio a posta: anche lo studio di Bango sopra citato sostiene che il 78% degli utenti desidererebbe una sola piattaforma per gestire tutte le proprie sottoscrizioni.

E infatti ci sono già gli expense manager, vale a dire app nate per tenere sotto controllo gli abbonamenti non desiderati. Ottima soluzione, dunque, se non fosse che… molte di queste sono con abbonamento!

Appare allora utile fornire qualche consiglio per evitare di trovarci il conto in rosso a fine mese, a causa dei troppi abbonamenti sottoscritti:

  • ogni volta che sottoscriviamo una nuova offerta, prendiamo l’abitudine di attivare un promemoria sul nostro smartphone un paio di giorni prima della scadenza del periodo di prova o del primo mese, così da poter valutare se è il caso di mantenere l’iscrizione o di annullarla.
  • Non colleghiamo il pagamento dell’abbonamento direttamente al nostro conto corrente, ma, piuttosto, utilizziamo una carta prepagata, ovviamente con le notifiche attive. In questo modo, ci sarà più facile seguire tutti i nostri pagamenti periodici.  
  • Ogni mese paghiamo soltanto gli abbonamenti che siamo in grado di gestire: ad esempio, è inutile programmare cinque stagioni di una serie tv su una piattaforma e tre stagioni su una piattaforma diversa, se già sappiamo che non riusciremo a portare a termine nemmeno la prima.
  • Non dimentichiamo, infine, che di tanti servizi a pagamento esiste un’alternativa del tutto gratuita: le app di ginnastica, ad esempio, esteticamente sono ben fatte e offrono tantissimi servizi (tutti utili per noi?), ma basta ad esempio andare su YouTube per seguire corsi interi senza spendere un euro!
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